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Pestaggio Alatri, l'amico: "Ho fatto di tutto per salvarlo"

Alatri

Parla l'amico di Emanuele Morganti, l'unico che ha cercato di salvare il giovane dalla violenza del pestaggio che lo ha portato alla morte "Mi sono buttato sul suo corpo per proteggerlo - avrebbe confessato al nonno prima di chiudersi nel completo isolamento - ma non è bastato. E non me lo perdono...

Parla l’amico di Emanuele Morganti, l’unico che ha cercato di salvare il giovane dalla violenza del pestaggio che lo ha portato alla morte

“Mi sono buttato sul suo corpo per proteggerlo – avrebbe confessato al nonno prima di chiudersi nel completo isolamento – ma non è bastato. E non me lo perdono”. A dire ciò è stato l’amico di Emanuele Morganti, G.C., che emerge dal coro delle voci che si sono sollevate dopo la tragica morte dell’amico.

Ieri sera a Tecchiena (Frosinone) è stata organizzata una fiaccolata per commemorare il ventenne ucciso dalla violenza di branco nella notte tra venerdì e sabato scorsi dopo un giorno di ricovero al policlinico Umberto I di Roma. Centinaia di persone hanno voluto stringersi alla famiglia Morganti nel ricordo del giovane. La fiaccolata è terminata alla chiesa della frazione di Alatri dove Emanuele viveva insieme alla sua famiglia.

Da ieri sono in carcere i due fratellastri di Alatri, fermati a Roma, M.C. (27 anni) e P.P. (20 anni). Il procuratore capo di Frosinone, Giuseppe De Falco, avebbe ipotizzato che il movente della folle violenza di gruppo sia stata la volontà di controllo del territorio.

Emanuele Morganti, trascinato fuori dal Mirò Club nella piazza di Alatri, è stato colpito prima con un manganello e una chiave inglese e poi freddato con un pugno letale sferrato, secondo l’accusa, proprio da M.C., che ha fatto crollare il ragazzo a terra, sbattendo la testa contro un’auto posteggiata.

Ancora Giuseppe De Falco: “I due fermati sono gli autori dell’aggressione letale, che ha causato le lesioni mortali per Emanuele. Contro di loro sono stati ravvisati indizi gravi. Alla luce delle ricostruzioni, è a loro che va imputata una condotta violenta”.

L’accusa è di omicidio volontario aggravato da futili motivi. Secondo una prima ricostruzione del fatto, “non ha preso parte al pestaggio l’uomo ubriaco protagonista del diverbio in discoteca per un drink. Solo Emanuele è stato allontanato mentre l’ubriaco del litigio, italiano, è rimasto nel locale”. In tutto gli indagati sono sette.

Sull’accaduto è intervenuto anche il sindaco di Alatri, Giuseppe Morini: “Chi sa parli. Invito tutti a dire la verità, a collaborare con gli inquirenti affinché al più presto vengano individuati i responsabili. Alatri non deve essere omertosa. Fuori da quel locale c’erano tante persone, ma nessuno ha fermato gli aggressori o contenuto la terribile barbarie, è terribile”, ha aggiunto il sindaco”.

Emanuele è morto mentre difendeva la fidanzata. Ieri lei ha scritto sul suo profilo Facebook: “Non riesco ancora a realizzare tutto quello che è successo. Non meritavi tutto questo, non hai fatto niente di male. Una morte così. Ricordo uno dei tuoi ultimi messaggi di venerdì pomeriggio: ‘ti amo più di ogni altra cosa’. E continuerò a ricordarlo per sempre, come continuerò a ricordare anche te. Ti amo e lo farò per sempre”.

Non ce l’ha fatta il giovane giunto venerdì notte al Policlinico Umberto I di Roma in gravissime condizioni a causa di un violento pestaggio. Emanuele Morganti aveva tentato di difendere la fidanzata, che era stata fatta oggetto di pesanti battute da parte di un giovane albanese, ma all’uscita del locale di Alatri, in provincia di Frosinone, nel quale la coppia aveva deciso di trascorrere la sua serata, un gruppo di persone l’ha aggredito a calci e pugni, colpendolo anche un oggetto di metallo. Una spranga o forse una chiave inglese.

Il ragazzo, che viveva con la sua famiglia nella frazione di Tecchiena, ha riportato fratture multiple al cranio e alle vertebre cervicali e una estesa emorragia cerebrale. Lesioni tanto gravi che l’operazione alla quale l’hanno sottoposto i medici del policlinico della Capitale si è rivelata vana. Emanuele è morto domenica sera nel reparto di rianimazione, dopo 36 ore di agonia. I suoi genitori, che gli sono stati accanto fino all’ultimo momento, hanno autorizzato l’espianto e la donazione degli organi del ragazzo.

Il teatro del pestaggio è stato il locale Mirò di piazza Margherita, nel centro storico di Alatri, già in passato segnalatosi per altre risse. Dalle prime ricostruzioni sembra che intorno alle due Morganti e la sua fidanzata fossero seduti al bancone del bar, quando un giovane albanese si sarebbe avvicinato e avrebbe iniziato a importunare la giovane. La reazione di Emanuele avrebbe provocato una lite, degenerata in violenza selvaggia dopo che i buttafuori del locale hanno portato i due all’esterno. Sotto gli occhi di alcuni testimoni inorriditi, un gruppo di giovani italiani e stranieri – probabilmente nove persone – ha iniziato a riempirlo di calci e pugni, finché uno di loro non ha addirittura preso un oggetto di metallo con il quale l’ha colpito ripetutamente alla testa.

Dopo essere stato soccorso, il 20enne è stato trasportato in fin di vita all’ospedale San Benedetto di Alatri. Qui i medici, constatando l’estrema gravità delle sue condizioni, hanno deciso per il trasporto in elicottero al Policlinico Umberto I. Ciò, tuttavia, non è servito a salvare la vita a Emanuele. Sull’accaduto stanno adesso indagando i carabinieri del Reparto operativo di Frosinone e del nucleo investigativo della compagnia di Alatri, coordinati dal maggiore Antonio Contente. Sono decine le persone che sono state sentite in caserma e ci sarebbero già i primi sospettati di essere gli autori del brutale atto di violenza che ha scioccato tutta la Ciociaria.