> > Alzheimer ereditario: come e quando fare il test

Alzheimer ereditario: come e quando fare il test

news img1 66136 alzheimer

Mutazione del gene presenlina 1 (PSEN 1), attività elettrica maggiore nell’ippocampo, maggiore presenza nel liquido cerebrospinale di beta-amiloide: ecco i test per capire quanto ci si possa ammalare di Alzheimer La malattia di Alzheimer-Perusini, non è altro che una patologia che conduce alla ...

Mutazione del gene presenlina 1 (PSEN 1), attività elettrica maggiore nell’ippocampo, maggiore presenza nel liquido cerebrospinale di beta-amiloide: ecco i test per capire quanto ci si possa ammalare di Alzheimer

La malattia di Alzheimer-Perusini, non è altro che una patologia che conduce alla demenza presenile, demenza degenerativa progressivamente invalidante con esordio in età presenile. Si stima che il 70% delle casistiche concrete affette dal morbo di Alzheimer si manifesti con la frequente ed assidua difficoltà nel ricordare fino all’insorgenza di altri disturbi quali il senso di disorientamento, variazioni di umore, problemi di comportamento, depressione. Ciò conduce all’isolamento del soggetto affetto dal morbo di Alzheimer fino al punto di perdere completamente le capacità cognitive con un’aspettative di vita che si aggira intorno ai 10 anni. Sebbene sia stata scoperta dal patologo tedesco Alois Alzheimer nel lontano 1906, per il futuro si prevede che entro il 2050, a livello mondiale, un paziente su 85 sarà affetto dalla malattia degenerativa di Alzheimer.

La causa e l’avanzamento del morbo di Alzheimer è ancora oggetto di ricerca scientifica, anche se la medicina è concorde con il correlare la sindrome a placche ed ammassi neurofibrillari nell’area cerebrale. Ad oggi le cure mediche hanno consentito di apportare piccoli benefici e possono, perfino, rallentare il decorso della patologia: circa il 70% di rischio di essere colpiti dal morbo di Alzheimer è riconducibile al fattore ereditario e, in misura minore, a traumi, ipertensione, patologie cerebrali. Una possibile diagnosi è basata sullo stato di avanzamento della patologia, test di imaging a risonanza magnetica ed esami del sangue. Stimolazione mentale, esercizio fisico e una dieta equilibrata sono modalità di possibile prevenzione dalla degenerazione e demenza presenile.

In Italia ne soffrono circa 492 000 persone e 26,6 milioni nel mondo secondo uno studio condotto dalla Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health di Baltimora, con una netta prevalenza di donne rispetto agli uomini. Da statistiche epidemiologiche europee, nella popolazione è di 2,5 casi ogni 1 000 persone per la fascia di età tra i 65 e i 69 anni; sale a 9 casi su 1 000 persone tra i 75 e i 79 anni, e a 40,2 casi su 1 000 persone tra gli 85 e gli 89 anni.

Il fattore ereditario della malattia di Alzheimer, sulla base di studi condotti su gemelli e familiari, comprende circa il range 49-79% dei casi. Capire a soli 20 anni se nel corso della propria vita vi possa essere il rischio di ammalarsi del morbo di Alzheimer è possibile: grazie ad un test Dna in grado di rivelare se si è predisposti geneticamente a sviluppare questa grave demenza presenile. È ciò che emerge da uno studio americano pubblicato su Lancet Neurology, il quale ha messo in luce che la mutazione del gene presenilina 1 (PSEN 1), rivela precocemente la diagnosi della forma di Alzheimer familiare. Mutazione genetica che può essere “ereditata” tramite la trasmissione del patrimonio genetico dei genitori.

I ricercator del Banner Alzheimer’s Institute in Arizona, della Boston University e della University of Antioquia hanno sottoposto ben 44 adulti di età compresa tra i 18 e 26 anni a risonanze magnetiche, analisi del sangue e a test del liquido cerebrospinale, venendo a validare che circa il 30% del campione possedeva, nel proprio patrimonio genetico, la mutazione di PSEN1 e manifestava la probabilità di sviluppare la malattia neurodegenerativa in un’età collocata intorno ai 45 anni. I ricercatori hanno potuto identificare altri fattori chiave alla base del morbo di Alzheimer: i pazienti predisposti alla patologia presentano un’attività elettrica maggiore nell’ippocampo, area del cervello deputata alla memoria e la maggiore presenza nel liquido cerebrospinale (Csf) di beta-amiloide, proteina tossica che “soffoca” i neuroni ed è la principale responsabile dello sviluppo dell’Alzheimer, comportando la perdita di memoria e difficoltà cognitive.