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Ankara, strage al corteo pacifista: almeno 95 morti

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Un bilancio, peraltro ancora provvisorio, di 95 morti è ciò su cui piange e riflette oggi la Turchia. Ieri mattina, verso le 10, davanti alla stazione della capitale Ankara, un corteo si apprestava a marciare nell'ambito di una manifestazione pacifica per chiedere la fine delle ostilità fra l'...

Un bilancio, peraltro ancora provvisorio, di 95 morti è ciò su cui piange e riflette oggi la Turchia.

Ieri mattina, verso le 10, davanti alla stazione della capitale Ankara, un corteo si apprestava a marciare nell’ambito di una manifestazione pacifica per chiedere la fine delle ostilità fra l’esercito turco e i separatisti curdi del Pkk, attivi soprattutto nella zona sud est del paese.

All’improvviso, due kamikaze si sono lanciati in mezzo alla folla, facendosi esplodere (secondo le prime ricostruzioni, gli attentatori avrebbero usato una base di tritolo con l’aggiunta di cuscinetti e sfere metalliche) e portando con sé almeno 95 persone.

“La strage più grave nella storia della Repubblica” sono state le parole del premier turco Ahmet Davutoglu, “nessuno ha rivendicato le esplosioni, ma Isis, Pkk e Dhkp-c (una formazione di estrema sinistra attiva in Turchia, ndr) sono potenziali sospetti”. Poi, l’annuncio di tre giorni di lutto nazionale.

Il Pkk ha ordinato il cessato il fuoco immediato, mentre il presidente Erdogan ha parlato di un’azione che mira a dividere il paese.

La situazione in Turchia è esplosiva, perché il conflitto interno mai sopito con i separatisti curdi rischia di trovare ora uno sbocco violento senza precedenti. Chiara però l’intenzione di seminare il panico e minare l’unità nazionale, come ha rilevato Erdogan, il sospetto che dietro l’attentato possano esserci gli interessi di gruppi vicini allo Stato Islamico è senz’altro concreta.

La comunità internazionale, mai come in questo momento, ha bisogno di una Turchia compatta, primo baluardo contro l’avanzata dell’Isis da oriente. I piani del governo di Ankara prevedrebbero la formazione di una zona cuscinetto lungo il confine con la Siria, in modo da creare una no fly zone sicura dove ospitare profughi e gruppi militari oppositori del Califfato. Ma proprio quella è la zona dove è presente la minoranza curda, il cui appoggio non può che ritenersi fondamentale in termini di riuscita dei piani anti Isis.

La mancata pacificazione della Turchia, in definitiva, rischia di trasformarsi nel miglior regalo che il mondo possa fare ai miliziani dello Stato Islamico.