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Brexit, cos’è la polemica sulla tassa sui lavoratori UE

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Davvero la Gran Bretagna si appresta, con la Brexit, ad imporre una tassa alle aziende che assumeranno lavoratori dell’UE? Il 2017 sarà l’anno della Brexit. O, quanto meno, sarà l’anno dell’attivazione dell’articolo 50 del Trattato. Da lì in poi, ci vorranno non più di 2 anni. Nel fra...

Davvero la Gran Bretagna si appresta, con la Brexit, ad imporre una tassa alle aziende che assumeranno lavoratori dell’UE?

Il 2017 sarà l’anno della Brexit. O, quanto meno, sarà l’anno dell’attivazione dell’articolo 50 del Trattato. Da lì in poi, ci vorranno non più di 2 anni. Nel frattempo, però, sembra iniziare a prendere corpo la Gran Bretagna post UE.

Da Londra arriva spesso l’eco delle polemiche interne in base alle quali l’esecutivo di Theresa May non avrebbe ancora stabilito la linea da seguire per guidare il Regno Unito fuori dall’Unione Europea. Sopra tutto, al momento, sembra regnare la confusione.

La tassa Brexit a carico delle aziende che assumono lavoratori UE

L’ultimo episodio riguarda la possibile introduzione di un tassa per i lavoratori UE impiegati in Gran Bretagna. A parlarne è stato il sottosegretario all’Immigrazione Robert Goodwill nel corso di un’audizione presso la commissione alla Camera dei Lord.

Si tratterebbe di 1000 sterline – più o meno 1200 euro – a carico di tutte le imprese britanniche che decideranno di assumere lavoratori dell’Unione Europea.

Una misura “utile”, secondo Goodwill, per favorire i lavoratori britannici nell’ambito di impieghi specialistici, affiancata da un’altra, relativa ad uno “schema stagionale” in base al quale si riconoscerebbe il permesso di soggiorno a particolari categorie di lavoratori (l’esempio è quello dei raccoglitori di frutta, che raggiungono il Regno Unito soprattutto dalla Romania e dalla Bulgaria).

L’obiettivo del governo potrebbe essere quello di limitare a 100 mila l’anno gli ingressi di lavoratori stranieri in Gran Bretagna, partendo dall’attuale saldo migratorio di 300 mila.

Il governo May ha smentito

Le proposte di Goodwill hanno scatenato dure reazioni. La prima, quella che ha gettato la maggiore confusione, è stata quella dello stesso governo britannico, che ha fatto sapere, tramite un portavoce, che i provvedimenti di cui ha parlato il sottosegretario non sarebbero in agenda.

Poi quella del mondo degli imprenditori, ben riassunta dalle parole di Lord Foster, esponente liberal democratico, che ha accusato Goodwill di “assecondare il sentimento anti immigrati” e ha fatto notare che nessuna azienda “continuerebbe ad assumere all’estero se riuscisse a trovare le necessarie competenze” sul suolo britannico.