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Le case Magdalene: la storia di un terribile mistero in Irlanda

case magdalene

Si spacciavano per luoghi di ospitalità per le giovani sfortunate, ma erano in effetti delle lavanderie industriali. Ecco la storia delle case magdalene.

Si calcola che circa 30 mila giovani ragazze siano state ospitate all’interno delle case magdalene, durante i 150 anni in cui sono esistite. Migliaia di donne che, colpevoli di qualche peccato (o presunto tale), sono state mandate dalle famiglie in queste istituzioni, che dovevano teoricamente prendersi cura di loro. Di fatto uscire era quasi impossibile e la vita all’interno era durissima e piena di privazioni.

La storia

La prima delle case magdalene nacque nel nel 1758 a Whitechapel, in Inghilterra. Nel giro di pochi anni queste istituzioni sorsero anche in Irlanda, seguita da Stati Uniti, Canada e Australia. Erano luoghi in venivano ospitate le cosiddette “fallen women“, cioè le prostitute o le donne tacciate di promiscuità sessuale. Molte donne però vi entrarono in quanto madri nubili, forzate dai poteri clericali o dalle famiglie stesse. Alcune erano davvero giovanissime. Vi entrarono anche bambine di nove anni.

Le case presero il nome da Maria Magdalena, la discepola di Gesù, che, pentita per il suo passato da prostituta, visse poi secondo gli insegnamenti del suo Maestro. Non nacquero come istituti religiosi ma lo divennero ben presto, sotto l’amministrazione della Chiesa Cattolica. Se inizialmente erano nati come ricoveri per periodi brevi, nel corso del tempo cambiarono totalmente funzione. Quello in cui si trasformarono, col benestare delle alte sfere religiose e politiche, furono a tutti gli effetti dei penitenziari, in cui le donne venivano costrette ai lavori forzati. Le chiamavano “magdalene laundries“, perché erano delle gigantesche lavanderie industriali.

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Il regime in cui erano costrette queste donne era spesso più severo di quello che avrebbero potuto trovare in prigione. Dall’esterno la percezione era che queste donne vivessero nella privazione, nel lavoro e nella preghiera come cammino verso la redenzione. Ma era molto più di questo. Era sfruttamento del loro lavoro. Le detenute non venivano pagate e lavoravano per moltissime ore. Le suore che dirigevano gli istituti scoraggiavano con durissime punizioni le donne che volevano uscire. Molte donne non ne sono mai uscite, infatti.

A inizio Novecento, ma in alcuni casi anche prima, alcuni istituti subirono un netto miglioramento. Anche le donne delle case magdalene beneficiarono delle conquiste sindacali e delle leggi che diminuivano le ore di lavoro. Ciononostante rimasero dei luoghi orribili.

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L’ultima delle case magdalene

Tutto ciò è stato – non proprio dimenticato – ma quantomeno sorvolato dalla storia ufficiale. Fino a che nel 1993 l’attenzione dei media si rivolse verso l’ultima casa. E scoppiò lo scandalo. Un ordine di suore a Dublino vendette una sua proprietà. Fu allora che vennero trovati i resti di 155 cadaveri, tumulati in tombe anonime. Nel 1996 venne definitivamente chiusa l’ultima di queste istituzioni.

In un documentario del 1998, Sex in a Cold Climate, si possono vedere le interviste di alcune ex detenute. Le donne riferirono di aver subito abusi di ogni sorta: sessuali, psicologici e fisici. Sia le suore che i preti se ne resero colpevoli. Le donne rimanevano completamente isolate dal mondo esterno durante il periodo della detenzione.

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Nel 2013 il governo irlandese ha pubblicamente chiesto scusa alle vittime ancora in vita e alle loro famiglie. Il premier Enda Kenny in un discorso alla nazione ha detto: “Per tutte quelle persone che sono incorse nelle Magdalene Laundries in un modo o nell’altro, il 26% delle volte a causa dell’intervento statale, mi dispiace che tutte queste abbiano dovuto vivere in un ambiente del genere”.