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Catacombe romane: il mistero degli scheletri ingioiellati

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Considerati i resti mortali dei primi Cristiani morti da martiri, i cosiddetti "corpi santi" venivano ingioiellati e traslati in varie parti dell'Europa per renderli oggetto di culto

Il fenomeno per cui venivano cercati e trasportati nelle varie chiese d’Europa i resti dei santi ebbe inizio nel IV secolo. All’epoca le reliquie venivano rinvenute generalmente in Palestina e diffuse negli ambienti cristiani. Ma è a partire dal XVI secolo che vengono recuperati scheletri dalle catacombe romane. Restaurati alla bene e meglio e decorati con stoffe e pietre preziose, questi cosiddetti corpi santi vengono considerati oggetti di culto.

Con la riscoperta della catacomba romana dei Giordani nel 1578, una delle più grandi rinvenute all’epoca, c’è stato un vero e proprio boom di preparazione e trasporto di corpi santi. Le ossa venivano riportate in superficie, ricomposte (talvolta utilizzando anche parti di corpi diversi, come nel curioso caso del Sant’Ovidio arrivato a Place Vendôme a Parigi, con due piedi sinistri) e ingioiellate.

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Questo fenomeno ha dato modo a corpisantari e tombaroli vari di proliferare, creando un vero e proprio business. Bisogna inoltre ricordare che a quell’epoca la Chiesa Cattolica viveva un periodo di crisi profonda. Nel 1500 nacquero tutti i moti di protesta contro la corruzione e il lusso sfrenato del clero. In Germania Martin Lutero raccolse molti consensi e diede vita al Protestantesimo. Calvino da Ginevra diede un durissimo colpo alla Chiesa di Roma. Senza contare il re d’Inghilterra Enrico VIII che, per motivi politici più che religiosi, ruppe i rapporti col papa e diede origine alla Chiesa anglicana. In un generale sforzo di recuperare fedeli alla causa romana, diversi papi favorirono la traslazione dei corpi santi nei centri in cui si pensava ci fosse maggior bisogno di incentivi alla fede romana.

Per quanto riguarda il riconoscimento dei martiri vennero applicate tecniche alquanto particolari, siccome nelle tombe dei paleocristiani, com’è logico pensare, non tutti sono morti nella difesa della propria fede. Qualcuno è semplicemente morto di morte naturale. Come distinguere dunque i corpi dei semplici cristiani dai santi martiri?

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Una commissione pontificia stabilì alcuni canoni per distinguere i martiri dagli altri cristiani. Ad esempio la presenza di alcuni simboli come la palma, la colomba, il monogramma di Cristo o di un balsamario che presumibilmente doveva contenere il sangue del defunto. Si parla di papi che scesero essi stessi nel sottosuolo per valutare quali scheletri, quali ossi presentassero segni di una morte violenta. Sembra che ci fossero addirittura preghiere segretissime, per i casi più incerti, che permettevano di parlare con i morti. L’ultimo a provarci fu papa Gregorio XVI che nel 1836, incuriosito da queste storie, studiò il rituale e lo mise in atto.

L’estrazione di corpi andò avanti e fiorì per tutto il Seicento, Settecento e Ottocento. Per arginare il fenomeno ad un certo punto si decise di chiudere le gallerie e limitare il traffico di reliquie. In realtà le patentes, ovvero i permessi per estrarre i corpi, venivano concesse con una certa facilità.

A metà del XIX secolo l’estrazione cessò e la Congregazione dei Riti, un organismo della Curia oggi soppresso, consigliava la cessazione del culto dei corpi santi e invitava a ritornare alle reliquie reali.

Tuttora la venerazione dei corpi santi è ancora viva in molti luoghi. Corpi santi preziosissimi (sia per coloro che gli attribuiscono un significato religioso, sia per il lusso degli ornamenti che indossano) si possono ancora ammirare in teche di vetro conservate in alcune chiese, in particolare in Germania e addirittura nella diocesi di Milano.