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Censura: grave accusa per Mark Zuckerberg

Censura: grave accusa per Mark Zuckerberg

L'accusa è grave da parte del più prestigioso quotidiano norvegese. L' editore, accusa Mark Zuckerberg di aver censurato la fotografia della bambina bruciata dal napalm. Questa immagine, scattata 44 anni fa dal fotografo Nick Ut, poche settimane prima della fine della guerra del Vietnam, ha fatto...

L’accusa è grave da parte del più prestigioso quotidiano norvegese. L’ editore, accusa Mark Zuckerberg di aver censurato la fotografia della bambina bruciata dal napalm.

Questa immagine, scattata 44 anni fa dal fotografo Nick Ut, poche settimane prima della fine della guerra del Vietnam, ha fatto il giro del mondo. Un gruppo di bambini corre su una strada nei pressi di Trang Bang, a nord di Saigon, in fuga da un bombardamento al napalm. Al centro, una bambina, nuda, gravemente ustionata, il volto contorto dal dolore. L’immagine sarà vista da tutti e varrà al suo autore il premio Pulitzer, il più prestigioso premio del giornalismo americano. Alcuni storici ritengono addirittura che l’impatto di questa fotografia sul parere pubblico abbia contribuito ad accelerare la fine della guerra del Vietnam.

“Lei abusa del suo potere”

Tutto comincia un paio di settimane fa, quando uno scrittore norvegese, insieme a molti altri, condividono l’immagine su Facebook. L’immagine viene rimossa dalla rete sociale e anche lo scrittore è temporaneamente vietato, dopo aver criticato la decisione di rimuovere l’immagine.

Aftenposten pubblica, in seguito, la stessa immagine. Mercoledì, un messaggio Facebook raggiunge il giornale, ricordando che il social network “pone dei limiti sulla nudità al fine di limitare l’esposizione degli utenti di Facebook a contenuti sensibili” e chiedendo all’editore di “ritirare o pixellare” l’ immagine. “A meno di ventiquattro ore” più avanti, scrive il signor Egil Hansen, Facebook ha rimosso l’immagine per conto del quotidiano norvegese.

Le scrivo questa lettera per informarla che non obbedirò alla sua richiesta di ritiro, scrive l’editore. Né oggi né mai. Penso che lei abusi del suo potere, e mi viene difficile credere che lei abbia davvero riflettuto a questo proposito”.

Sono arrabbiato, deluso e persino spaventato da ciò che lei sta per far subire a un pilastro della nostra società democratica. (…) I media liberi e indipendenti hanno un ruolo importante nella pubblicazione di informazioni, comprese le immagini che a volte possono “disturbare”, che l’élite e talvolta anche gli stessi cittadini non possono sopportare. È forse proprio per questa ragione che il loro ruolo è importante. ( …) I media hanno la responsabilità di riflettere su quello che pubblicano, caso per caso. Questa può essere una pesante responsabilità. (…) Questo diritto e dovere, che tutti i giornalisti del mondo devono esercitare, non dovrebbero essere compromessi da un algoritmo codificato nel vostro ufficio in California”.

Rigidità e incoerenza di fronte alla nudità

Questo forte attacco del quotidiano norvegese arriva in un momento molto particolare per Facebook, il cui rapporto con l’informazione e i media è al centro dell’attenzione.

Recentemente, Facebook ha deciso di separarsi dagli umani che hanno selezionato gli argomenti che appaiono nella sezione notizie più discusse della rete e di assegnare questo compito agli algoritmi (che hanno già fatto passare delle informazioni false).

La politica di moderazione dei contenuti è regolarmente criticata per la sua rigidità e incoerenza, soprattutto per quanto riguarda la nudità.

Più in generale, il potere di Facebook in materia di accesso alle informazioni e il suo ruolo nella formazione delle idee politiche o nella diffusione di false informazioni spaventano sempre di più. Si rimprovera al social network di rinchiudere gli utenti in una bolla, esponendoli solo alle idee o alle informazioni alle quali si sentono già vicini, incarnando un ruolo di “direttori”, che rivelerebbe non delle informazioni pertinenti, ma solo quelle che hanno più probabilità di essere condivise.