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Come stimolare i bambini a fare sport

bambini e sport

Quando un bambino decide di smettere di praticare sport molto spesso è per via dell'ansia da competizione. Ecco in che modo un genitore può aiutarlo a superare la pressione.

I bambini hanno una inesauribile energia e una incontenibile voglia di muoversi e giocare. Pur considerando le oggettive differenze caratteriali è davvero difficile trovare un bambino che non desideri giocare, e lo sport rientra senz’altro nell’insieme dei passatempi preferiti. Ogni piccolo è un individuo a se’, in costante formazione certo, ma con un carattere e dei gusti precisi. Ci sono bambini estroversi che amano essere al centro dell’attenzione e stare in gruppo e altri introversi, più tranquilli e rivolti verso la sfera interiore. Tuttavia, almeno fino ai tredici anni, è raro che rifiutino di divertisti facendo uno sport.

Il rifiuto dello sport

Le statistiche mostrano che quasi il 75% dei ragazzi all’età di tredici anni smette di praticare dello sport. Questo probabilmente si deve al fatto che, con la crescita, i bambini iniziano a perdere il senso dello sport come puro svago e divertimento ma cercano di ottenere dei risultati, iniziando inevitabilmente a confrontarsi con i propri coetanei. Mentre alcuni decidono di impegnarsi per migliorare e cominciano a concentrarsi con passione sull’attività sportiva, altri lasciano, perché convinti di non poter avere successo. In preda allo sconforto non trovano più piacere nel praticare questa attività. Per i genitori può essere frustrante che il figlio abbandoni un sano esercizio per via dell’ansia da prestazione e molte volte non sanno in che modo aiutare i ragazzi a superare le proprie paure senza obbligarli a fare sport contro la loro volontà.

Consigli per stimolare i bambini a fare sport

In realtà sono molti i modi in cui i genitori possono contribuire per aiutare i loro figli ad alleviare la pressione.

Concentrarsi sugli obiettivi del bambino

Il dottor Patrick Cohn, esperto statunitense di allenamento e di prestazioni di alto livello, dice che molto spesso i genitori, iscrivendo il figlio ad uno sport, proiettano su di lui le proprie aspirazioni. Capita che si pongano al ragazzo obiettivi complessi o che gli si chiedano standard troppo elevati, per le sue ambizioni o per le sue capacità. “Diventerai un campione”, “Giocherai in Serie A”, “Vincerai il campionato”, sono tutte espressioni che mettono ansia al giovane sportivo, specialmente dal momento in cui si rende conto che difficilmente riuscirà a soddisfare le aspettative della figura genitoriale, che mai vorrebbe deludere. Porre dei traguardi e lavorare per raggiungerli è utile, stimolante per il bambino e anche molto educativo ma devono essere obiettivi alla sua portata.

Non farlo focalizzare sui suoi errori

Sbagliando si impara e riconoscere i propri errori è fondamentale, ma Cohn spiega che la maggior parte dei giovani si concentra solo ed esclusivamente su quello che ha fatto di male. Affrontare le difficoltà è importante, impegnarsi per migliorare e superarle è lo strumento di apprendimento per eccellenza ma, come in tutte le cose, l’equilibrio è necessario. Se il ragazzo non impara a riconoscere i propri meriti mentre è sempre pronto a ingigantire gli sbagli e a notare ogni difetto chiaramente avrà una visione di se’ e delle sue capacità molto più negativa di quella reale. Così facendo sarà portato a ritenersi totalmente negato e a rinunciare. Un genitore può ridimensionare le sue paranoie a seguito di un errore e può aiutarlo a vedere i suoi pregi.

Incoraggiare sempre

Il genitore deve offrire un incoraggiamento totale, non solo quando il ragazzo vince ma anzi, fargli i complimenti per il gioco anche quando la sua azione non è stata da protagonista, e ancor più offrigli supporto dopo una sconfitta è il metodo migliore per dare la giusta spinta. La maggior parte dei genitori usa dire ai loro figli “Rendimi orgoglioso” prima della competizione. Questo messaggio è pericoloso se lasciato in maniera così ambigua, “Mi renderai fiero se giocherai onestamente e farai del tuo meglio” è un incoraggiamento perfetto, ma con la prima frase il bambino si sentirà come se dal match dipendesse l’affetto del genitore per lui, come se, in caso di sconfitta, l’amore gli venisse tolto. Invece bisogna sottolineare come lui vi renda fieri a prescindere dal risultato. Incoraggiare l’impegno dunque, non le vittorie.

Non nascondere gli sbagli

Come dicevamo poc’anzi bisogna essere giusti ed equilibrati. I bambini sono estremamente intuitivi e si rendono conto di quando gli adulti gli raccontano una falsità. Dire a un bambino che “Anche una superstar passa” se ha dei problemi a tirare in porta ad esempio, è sbagliato. La maggior parte dei ragazzi non pensa a se’ stesso come a una superstar e si sentirà non solo confuso ma ancor più in ansia. Invece, dire loro di continuare a lavorare quando si commette un errore e di affrontare le avversità è un bene perché significa riconoscergli e premiare il duro lavoro.

Fare il genitore, non il coach

Partecipare allo sviluppo delle abilità del ragazzo e farsi vedere coinvolti nelle loro passioni è un supporto prezioso. Rincorrere insieme la palla nel cortile di casa, piuttosto che fare insieme dei tiri a canestro mostra ai bambini che il loro genitore è interessato a ciò che fanno. Tuttavia è essenziale non cercare di sovrapporsi al loro allenatore. Bisogna concentrarsi su ciò che fanno e non su quello che dovrebbero fare.

Condividere le proprie esperienze

Aprirsi e raccontare al figlio le proprie esperienze sportive non significa esclusivamente rivangare vecchie glorie che creerebbero stress da competizione. Al contrario parlare delle paure e delle preoccupazioni ma anche degli strafalcioni commessi in passato dalla sua figura di riferimento lo farà sentire molto più sereno.