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Copia ed incolla la sentenza, Riina e Schiavone non possono essere processati

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Le indagini avevano evidenziato un quadro accusatorio abbastanza complesso e ben documentato in cui si dimostravano i rapporti stretti intercorsi tra mafia e camorra nel traffico di droga e nella gestione di affari comuni. L'ordinanza, a carico di personaggi di spicco come Gaetano Riina e Nicola Sch...

Le indagini avevano evidenziato un quadro accusatorio abbastanza complesso e ben documentato in cui si dimostravano i rapporti stretti intercorsi tra mafia e camorra nel traffico di droga e nella gestione di affari comuni. safL’ordinanza, a carico di personaggi di spicco come Gaetano Riina e Nicola Schiavone, viene inoltrata dal pm al giudice per le indagini preliminari (gip) Pasqualina Paola Laviano la quale ha il compito di avviare i provvedimenti restrittivi. Ed è qui che accade il fattaccio. Come dimostrato da un collegio esterno che ha dovuto valutare l’ordinanza,

il gip, senza aver fatto in alcun modo espresso riferimento alle argomentazioni svolte dal pm nella relativa richiesta, riporta fedelmente il contenuto della stessa, capoverso per capoverso, mantenendo l’utilizzo delle espressioni ‘presente richiesta di misura cautelare’, ‘questo pm’, ‘codesto gip’

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Risultato? Ordinanza di custodia cautelare respinta, ovvero i due boss non possono essere trattenuti in galera per questo gravissimo reato. I giudici del riesame che si sono trovati davanti al pasticcio legale, hanno infatti giustificato l’azione con quanto sancito dalla Cassazione:

la richiesta non può essere considerata nulla se risulta che il giudice abbia preso cognizione del contenuto delle ragioni dell’atto richiamato, ritenendole coerenti alla sua decisione. Ma in questo manca infatti nell’ordinanza impugnata il riferimento espresso al provvedimento o all’atto richiamato, nonché‚ l’indicazione delle ragioni, sia pure sintetiche, dell’adesione alla motivazione espressa, così come è del tutto carente qualsiasi accenno di autonoma valutazione in ordine agli elementi indiziari

Nei fatti la pena che affligge Gaetano Riina e Nicola Schiavone è più leggera ma entrambi rimangono in carcere per altri reati. Il pasticcio sembra quindi rientrare in uno di quei casi destinati “a fare giurisprudenza” che dimostra come nella lotta alla mafia sia richiesto, sempre e da parte di tutti i contraenti, il massimo impegno e serietà professionale