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Cosenza: madre denuncia figlio pusher. 26 arresti totali

Cosenza: madre denuncia figlio pusher. 26 arresti totali

Una madre di Cosenza ha denunciato ai carabinieri il figlio pusher per salvarlo dai debiti e dalle minacce dei fornitori. Sono in tutto 26 i fermati nell'operazione. Era minacciato per non aver pagato al proprio fornitore alcune partite di droga. La madre, allora, impaurita dalle possibili consegue...

Una madre di Cosenza ha denunciato ai carabinieri il figlio pusher per salvarlo dai debiti e dalle minacce dei fornitori. Sono in tutto 26 i fermati nell’operazione.

Era minacciato per non aver pagato al proprio fornitore alcune partite di droga. La madre, allora, impaurita dalle possibili conseguenze, ha deciso di farsi coraggio e andare a denunciare il figlio pusher ai carabinieri.

La donna, una collaboratrice domestica, era preoccupata per le continue minacce che arrivavano al giovane e per proteggerlo ha deciso di raccontare tutto alle autorità. Grazie alla sua testimonianza, i carabinieri della compagnia di Cosenza hanno avviato un’indagine che è culminata nell’esecuzione di 35 misure cautelari. Per 10 indagati è scattato il fermo in carcere, altri 16 sono stati sottoposti ad arresti domiciliari, mentre per 9 è stato stabilito l’obbligo di dimora.

La vasta operazione di oggi rappresenta l’ultimo stadio di un percorso di indagine iniziato nel gennaio del 2015, a seguito della denuncia della donna nei confronti del figlio pusher, e allargatosi sempre di più. Per eseguire i provvedimenti emessi dal Gip del tribunale di Cosenza, Giusy Ferrucci, sono impegnati 250 militari dell’arma tra carabinieri del comando provinciale del capoluogo cosentino, membri dello Squadrone eliportato “cacciatori di Calabria”, della compagnia speciale, del nucleo cinofili e di quello elicotteri di Vibo Valentia.

Nell’ambito delle indagini, coordinate dal sostituto procuratore Giuseppe Francesco Cozzolino, è emerso l’organigramma dello spaccio di droga nel cosentino e sono stati documentati quasi 700 episodi di spaccio, a testimonianza di un’alta domanda di stupefacenti nella zona. I gruppi di pusher si erano spartiti le piazze di spaccio e operavano in autonomia e in concorrenza, rifornendosi presso alcuni “grossisti”.

Le minacce ricevute dal figlio pusher della collaboratrice domestica non sono un unicum. Le indagini hanno evidenziato che alcuni dei fornitori usavano metodi intimidatori – inclusa la violenza fisica- per sollecitare il pagamento delle partite di droga vendute. Su di essi pende adesso l’accusa di estorsione. Nel corso delle perquisizioni effettuate, i carabinieri hanno anche rinvenuto delle armi. Alcuni degli spacciatori, per onorare i propri debiti, erano costretti a introdursi furtivamente in autovetture e furgoni da lavoro, per rubare qualsiasi cosa trovassero che potesse essere rivenduta.