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Dormire poco: i rischi gravi per il funzionamento dell'attività cerebrale

Notte insonne

Una ricerca italo-americana (ma non è l’unica) ha dimostrato che la mancanza di sonno, porta a maggiori rischi di malattie neurodegenerative come l’Alzheimer (oggi più diffuso).

Lo studio

Funzioni cerebrali

Un équipe di ricercatori dell’Università Politecnica delle Marche, coordinata dal neuroscienziato Michele Bellesi, insieme all’Università del Wisconsin ha dimostrato che dormire poco la notte, porta il cervello ad “autoconsumarsi”: ciò accade perché le cellule sono iperattive e non hanno compiuto la “pulizia di detriti” che compiono durante il sonno, detriti quali sostanze tossiche, connessioni sinaptiche usurate, informazioni che è più o meno necessario ricordare. La conseguenza sono fenomeni neurodegenerativi, come la demenza e l’Alzheimer – le cui vittime tra l’altro sono aumentate del 50% dalla fine degli Anni Novanta –.

Sofferenza

Meccanismo

Sonno tranquillo

Ma come avviene tutto ciò? Durante il sonno, la “pulizia” del cervello viene compiuta attraverso due tipi di cellule: gli astrociti, deputati eliminare le connessioni sinaptiche inutili, e quelle che vengono chiamate cellule di microglia, che fagocitano ad esempio le cellule morte e altre scorie potenzialmente dannose. I ricercatori italiani hanno potuto arrivare a queste conclusioni in base ad un precedente studio di due geni, messi in relazione con la mancanza di sonno.

Quest’ultima, come è stato dimostrato da un’analisi sui topi a seconda di quanto hanno dormito, “divora” le sinapsi. Si è visto che gli astrociti dei topi “meno riposati”, eliminavano oltre il doppio di sinapsi rispetto a quelli “riposati”: si trattava di connessioni logore, la loro eliminazione è stata positivo, se non fosse che sono risultate iperattive anche le cellule gliali, che come era già stato dimostrato da un altro studio, sono legate all’insorgere di malattie neurodegenerative, quale appunto l’Alzheimer. La nuova ricerca è stata pubblicata sulla rivista settimanale specializzata americana “Journal of Neuroscience”, della Società delle Neuroscienze, che ha il suo quartiere generale a Washington, la cui editrice in capo è la neuroscienziata americana di origine italiana Marina Picciotto, della prestigiosissima Università di Yale.

Altri studi sull’argomento

Medico al lavoro

La connessione tra privazione del sonno, protratta durante la mezza età, e malattie neurodegenerative/Alzheimer, è stata accertata anche da altri studi, come per esempio quello americano e olandese pubblicato sulla rivista britannica “Brain”, il quale ha dimostrato che non dormire la notte aumenta due proteine, la beta-amiloide e la tau, associate a tali malattie. Inoltre studiosi del Brain Institute of the Federal University of Rio Grande do Norte in Brasile hanno verificato le conseguenze della mancanza di sonno sulla memoria, la cui diminuzione è proprio una delle caratteristiche delle malattie neurodegenerative quali l’Alzheimer. In particolare se non c’è una proteina chiamata LTP, Long Term Potentiation – ovvero se aumenta la trasmissione a lungo termine di informazioni tra un neurone e l’altro – si fa più fatica a ricordare. Tale ricerca, condotta sempre sui topi, è stata pubblicata sulla rivista PLOS Computational Biology.