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Elezioni Spagna, paese diviso, partiti senza maggioranza

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Le elezioni in Spagna sono terminate e i risultati sono la peggiore notizia che i partiti potessero ricevere: i popolari dell'attuale primo ministro Mariano Rajoy si sono fermati al 28.72% (tre milioni circa di voti in meno rispetto alla precedente consultazione), il Psoe di Pedro Sanchez segue con...

Le elezioni in Spagna sono terminate e i risultati sono la peggiore notizia che i partiti potessero ricevere: i popolari dell’attuale primo ministro Mariano Rajoy si sono fermati al 28.72% (tre milioni circa di voti in meno rispetto alla precedente consultazione), il Psoe di Pedro Sanchez segue con il 22.02%, Podemos di Pablo Iglesias è arrivato al 20.65%, Ciudadanos di Albert Rivera chiude con il 13.93%.

Nessuno, quindi, ha raggiunto la quota di maggioranza in termini di seggi in parlamento, e cioè 176 poltrone. I popolari ne hanno 123, il Psoe 90, Podemos 69. Ora si apre il delicato tema delle alleanze, perché nessuno può governare da solo: i popolari potrebbero apparentarsi con Ciudadanos, il Psoe con Podemos. Potrebbe però anche esserci lo spazio per un governo di larghe intese, ma la situazione politica interna della Spagna non sembra suggerire questa come un’ipotesi molto probabile, visto che tutti i partiti l’hanno già scartata, con la sola eccezione dei popolari, che invece l’avevano paventata, seppure in modo non troppo convinto. “La Spagna”, ha dichiarato Rajoy, “ha bisogno di un governo che abbia appoggio parlamentare, non sarà facile”. Mentre Sanchez si congratula con Rajoy in quanto leader del primo partito del paese, le forze nuove di Podemos e Ciudadanos si affacciano sulla scena politica con modi molto meno tradizionali: i popolari hanno, è vero, la maggioranza dell’elettorato, ma sia loro, sia il Psoe sono i veri sconfitti di questa consultazione. Come ha fatto notare Pablo Iglesias, quelli appena raggiunti sono il peggior risultato elettorale dal 1982 (i popolari), e il peggiore dalla fine della dittatura (Psoe).

Molti organi di stampa hanno evidenziato come il risultato delle consultazioni spagnole evidenzi la fine del sistema bipartitico in favore di un più vasto e variegato panorama politico, divenuto ora “a cuatro bandas”, per usare la definizione di El Periodico. Considerato l’elevatissimo valore dell’affluenza (la percentuale di votanti sfiora il 74%), il responso delle urne rappresenta una chiara indicazione di ciò che la Spagna vuole, anche se ciò si traduce in qualcosa di non facile gestione da parte delle forze politiche. Impossibile non evidenziare come la politica dell’austerità praticata dai partiti di governo abbia rappresentato la vera molla che ha spinto in alto sia Podemos, sia Ciudadanos. Dall’Italia, qualcuno ha fatto notare che, con una legge elettorale come l’Italicum, il problema della governabilità si sarebbe potuto risolvere senza troppe difficoltà, omettendo di dire che, con ciò, la maggioranza dell’elettorato non avrebbe trovato rappresentanza in un ipotetico governo.

Il primo appuntamento è per il prossimo 13 gennaio 2016, quando il nuovo parlamento sarà costituito in via ufficiale. A fine gennaio, invece, dovrebbe arrivare la nomina del nuovo primo ministro.