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EXPO 2015: quello che resta

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E così oggi chiude Expo 2015, chi la definisce un successo, chi ne è rimasto deluso, chi invece rimpiange di non esserci andato prima, almeno non avrebbe dovuto passare cinque ore e mezza in coda per il padiglione del Kazakistan. Il tema era interessante e ha attirato quasi 20 milioni di visitator...

E così oggi chiude Expo 2015, chi la definisce un successo, chi ne è rimasto deluso, chi invece rimpiange di non esserci andato prima, almeno non avrebbe dovuto passare cinque ore e mezza in coda per il padiglione del Kazakistan. Il tema era interessante e ha attirato quasi 20 milioni di visitatori, tra italiani e stranieri, i quali hanno affermato di voler tornare in Italia l’anno prossimo.
Chi si è mosso troppo tardi, scegliendo questi ultimi giorni per fare un giro attraverso i sapori del mondo, si è trovato a doversi mettere in fila, guardando gli altri padiglioni da fuori. In questo clima di lunghe attese e tanta fretta, alcuni non si sono goduti l’esperienza e hanno visto infrangersi le loro grandi aspettative. Lo spirito migliore per visitarla era sicuramente la curiosità, come il voler entrare in Angola senza nemmeno sapere bene dove si trovi o assaggiare la zucca candita marocchina accompagnata da un delizioso thé.


Ciascun paese aveva qualcosa da raccontare sulle proprie tradizioni e qualche spunto di riflessione in merito. L’Austria con la sua foresta ha voluto ricordare l’importanza dei prodotti biologici. Argentina e Azerbaijan si sono concentrati sulla propria produzione locale e sulle sfide tecnologiche. Il Belgio ha sostenuto l’educazione a un consumo più responsabile. Gli Emirati Arabi, invece, in occasione del futuro Expo di Dubai che avrà come protagonista l’energia hanno rivolto il loro interesse sulle energie rinnovabili, comunicando inaspettatamente quanto l’insegnamento del passato possa porre le basi per uno sviluppo sostenibile futuro. La Germania ha analizzato il rapporto uomo-natura, Estonia e Francia hanno proposto soluzioni tecnologiche. Il Brasile ha interpretato il tema dal punto di vista sociale, mentre il Giappone ha dimostrato come sia possibile uno stile di vita sano grazie al divertimento. Israele ha mostrato le nuove innovazioni in campo dell’agricoltura con i suoi terreni, la Moldova si è incentrata sul sole come grande risorsa, l’Oman, paese molto arido, sull’acqua e su come sia necessario saperla conservare per il futuro. La Svizzera ha dato modo ai visitatori di riflettere sulla scarsità alimentare. Turkmenistan e tanti altri stati hanno avuto modo di farsi conoscere.


È stato un evento che ha permesso non solo di rivolgere le nostre attenzioni su un argomento importante a cui spesso non si dà peso e di entrare in contatto con realtà diverse, ma anche di assaggiarle, perché erano molti i bar e i ristoranti da tutto il mondo in cui poter scegliere le migliori specialità. A quanto ho potuto vedere e ho sentito raccontare, Milano si è dimostrata all’altezza, offrendo anche una serie di manifestazioni legate ad esso e un’ampia scelta di nuovi ristoranti. Dopo la cerimonia di chiusura, i vari complessi torneranno pian piano ai loro paesi di origine, mentre l’Albero della Vita, il Padiglione Zero e il Padiglione Italia resteranno a Rho, le cui aree espositive verranno riutilizzate in progetti ancora da definire, assieme alle famose scritte in coda per il Giappone.
Albero della vita
Quello che resta, o dovrebbe restare, è un po’ più di consapevolezza unita ad un pizzico di attenzione verso gli altri. La tecnologia, infatti, grande strumento utilizzato dalla maggior parte degli spazi interattivi, non è ancora in grado di fornirci la certezza di un’alimentazione futura. Soltanto tutti insieme possiamo trovare soluzioni migliori per tutti.