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Financial Times e Wall Street Journal, con il no Italia fuori dall’Euro

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Il referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre tiene banco in Italia e all’estero. Pubblicate le analisi di Wall Street Journal e Financial Times. Il referendum costituzionale non è al centro dell’attenzione della sola stampa italiana. Dell’argomento si sono occupati ieri anche testate...

Il referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre tiene banco in Italia e all’estero. Pubblicate le analisi di Wall Street Journal e Financial Times.

Il referendum costituzionale non è al centro dell’attenzione della sola stampa italiana. Dell’argomento si sono occupati ieri anche testate di importanza internazionale come il Financial Times e il Wall Street Journal. Gli editoriali dei due quotidiani hanno proposto un’attenta analisi della situazione del nostro paese a due settimane circa dalla consultazione popolare del prossimo 4 dicembre e, in entrambi i casi, è stata posta in evidenza la possibilità che un’eventuale vittoria del fronte del no spinga l’Italia fuori dall’Eurozona.

L’analisi del Wall Street Journal: con la vittoria del no l’Euro diventerebbe ancora più debole

Secondo il Wall Street Journal, gli investitori “si preparano ad affrontare il tumulto”. “Se respinto”, prosegue l’articolo del giornale newyorchese, “il referendum avrà il potere di far tremare i titoli bancari, spingere gli spread ed indebolire ulteriormente l’euro”. “La ricaduta politica” di una vittoria del no al referendum, osserva ancora il Wall Street Journal, “potrebbe essere meno severa del temuto se ci fosse un Governo per gli affari correnti credibile e se il sostegno per il M5S scemasse”.

L’analisi del Financial Times: in dubbio l’appartenenza dell’Italia alla zona Euro con la vittoria del fronte del no

Secondo il Financial Times, invece, la vittoria del fronte del no potrebbe comportare “una sequenza di eventi che metterebbe in dubbio l’appartenenza dell’Italia alla zona euro”. Secondo il giornale britannico, però, non sarebbe tanto la questione del referendum in sé a provocare queste conseguenze, quanto piuttosto la debole crescita dell’Italia dovuta alla perdita del “5% di produttività” (laddove invece il parametro è a +10% per altri paesi europei come Francia e Germania) unita al complessivo “fallimento dell’Unione Europea”, che si è dimostrata incapace di costruire “una vera unione economica e bancaria dopo la crisi del biennio 2010 – 2012 e ha invece imposto l’austerità”.