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Gerusalemme, un altro ragazzo ucciso: situazione sempre più tesa

Israeli Separation wall

Questa notte, un altro ragazzo palestinese è stato ucciso nel campo profughi di Shuafat (Gerusalemme Est) a seguito di alcuni colpi d'arma da fuoco alla testa rimediati nel corso di una sparatoria con la polizia israeliana. La situazione in Cisgiordania e nella parte orientale di Gerusalemme div...

Questa notte, un altro ragazzo palestinese è stato ucciso nel campo profughi di Shuafat (Gerusalemme Est) a seguito di alcuni colpi d’arma da fuoco alla testa rimediati nel corso di una sparatoria con la polizia israeliana.

La situazione in Cisgiordania e nella parte orientale di Gerusalemme diventa sempre più tesa e difficile. Solo nelle ultime ore, gli scontri fra israeliani e palestinesi hanno comportato il ferimento di quasi 150 persone e la morte di 8, di cui due nel solo campo di Shuafat e negli ultimi due giorni.

Nel frattempo, secondo quanto ha riferito via Twitter il portavoce dell’esercito israeliano, Peter Lerner, dalla striscia di Gaza è stato lanciato un razzo che ha colpito la zona meridionale di Israele, senza provocare vittime né feriti.
E’ dalla metà di settembre, circa, che la tensione nella zona ha avuto un’impennata decisa, portando un generale aggravamento della situazione nei rapporti fra israeliani e palestinesi.
Dapprima gli scontri alla Spianata delle Moschee, in cui un gruppo di estremisti palestinesi aveva avviato un lancio di pietre e grossi petardi, tanto da suscitare la reazione del ministro della Giustizia di Israele, Gilad Erlan, il quale aveva dichiarato che “non è accettabile che facinorosi musulmani, barricatisi di notte, trasformino quel posto (la Spianata delle Moschee, ndr) a loro piacimento in una zona di combattimento”, promettendo poi di “riesaminare le misure relative all’ingresso nella Spianata” fino alla predisposizione di “ordigni esplosivi” con funzione di deterrente.
Poi, attorno al 20 settembre, i primi raid israeliani sulla Striscia di Gaza, con i quali alcuni F16 avevano bombardato un campo di addestramento di Hamas, in risposta al lancio di due razzi nella zona sud di Israele, che non avevano provocato vittime.
Un crescendo di scontri che ha portato alla situazione attuale, da considerare molto delicata non solo per le usuali motivazioni.
Il lancio dei razzi di settembre era stato infatti rivendicato dal gruppo terrorista Brigate Sheikh Omar Hadid, ritenuto vicino allo Stato Islamico, che potrebbe aver agito per aumentare la tensione in zona, sfidando al contempo Hamas, che ha sempre dichiarato di non tollerare la presenza di miliziani del Califfato nei propri territori.
Al tempo, Israele non aveva dato credito a questa spiegazione dei fatti, né sembra intenzionato a farlo adesso. Hamas, per contro, non rifugge lo scontro.
Il problema è che, dopo un periodo di tranquillità, le condizioni della regione rischiano di degenerare, creando una situazione molto favorevole alla possibile infiltrazione di gruppi dell’Isis, ai quali, come si vede bene sia in Siria, sia in Libia, il caos fornisce sempre ampi margini di manovra.