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Il manicomio di Volterra, abbandonato e riscoperto nei videogiochi

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L'idea horror del manicomio abbandonato è una cosa tipicamente americana. Si, ce ne sono anche qui in Italia, e ne  abbiamo parlato. Ma il numero impallidisce davanti a quelli d'oltreoceano. Questo non significa che quelli del nostro paese non abbiano una certa fama. Siamo a Volterra, in Tosca...

L’idea horror del manicomio abbandonato è una cosa tipicamente americana. Si, ce ne sono anche qui in Italia, e ne abbiamo parlato. Ma il numero impallidisce davanti a quelli d’oltreoceano.

Questo non significa che quelli del nostro paese non abbiano una certa fama. Siamo a Volterra, in Toscana, uno dei posti più suggestivi della regione. Qui nel 1887 il cavalier Aurelio Caioli, presidente di una associazione di carità locale, decise che era giunto il momento di costruire una struttura all’avanguardia per il bene delle persone con problemi psichici.

manicomio di Volterra

Il manicomio di Volterra è diventato famoso in tempi recenti grazie a The Town of Light, un gioco dello sviluppatore italiano Lka che esplora l’ospedale abbandonato raccontando la storia di una delle loro pazienti. Disponibile su Steam, il gioco racconta la storia di Renée, sedicenne con disturbi psicologici, internata nell’ospedale nel 1938 e vittima di anni di abusi e maltrattamenti.

È un horror atipico, un documentario interattivo, che non tocca fantasmi o altri enti sovrannaturali come Outlast o altri giochi con un’ambientazione simile. Il gioco crede nel fatto che in un luogo del genere, le esperienze delle persone che ci hanno vissuto siano abbastanza forti da provocare la stessa reazione.

manicomio di Volterra

“Struttura all’avanguardia per il bene dei pazienti” è qualcosa che abbiamo già sentito quasi ogni volta che abbiamo parlato di ospedali psichiatrici, e all’inizio il manicomio di Volterra lo era davvero. Il primo responsabile della struttura, Luigi Scabia, credeva nel trattamento umano dei pazienti. Aveva sviluppato una teoria secondo cui le persone con disturbi mentali dovevano essere trattate come persone, non come prigionieri: per questo motivo il manicomio non aveva mura o recinzioni, e al personale era stato imposto di non reprimere i pazienti se non assolutamente necessario.

manicomio di volterra

Scabia credeva in qualcosa che chiamava ergoterapia. Lo psichiatra pensava che, per poter reinserire nella società persone gravemente disturbate, fosse necessario farle lavorare e abituare a quello che sarebbe successo fuori invece di tenerle in condizioni speciali. Per realizzare ciò, fece costruire una città in miniatura nel manicomio: panifici, lavanderie, botteghe, i malati potevano prepararsi a sperimentare la “vita vera” in sicurezza prima di dover uscire ad affrontarla.

La città aveva addirittura la sua moneta, e ogni paziente riceveva un regolare stipendio per il suo lavoro che poteva prelevare e spendere come voleva. Insomma, il manicomio di Volterra era uno dei rari casi in cui un rivoluzionario ospedale psichiatrico avesse davvero in mente il bene dei pazienti. Un manicomio aperto, dove i pazienti potevano liberamente entrare e uscire, che arrivò ad ospitare quasi 5000 persone.

Ma allora cos’è successo?

manicomio di volterra

La prima cosa da notare è che tutto questo è quello che dice il solo Scabia; per quel che ne sappiamo, la realtà potrebbe essere stata diversa, e lui stesso fu accusato di essere un imprenditore e uno schiavista travestito da psicologo. Ma le fonti ci fanno sapere che fu l’avvicinarsi della seconda guerra mondiale a trasformare la struttura in quello che è diventata oggi.

Scabia non era fascista, e questo era un crimine terribile per chiunque ricoprisse importanti cariche pubbliche all’epoca. Il celebre professore era diventato un bersaglio del partito, spiato, seguito. Nel 1934 fu buttato fuori dall’istituto e addirittura sfrattato violentemente da casa sua. Morì, vecchio e solo, in una piccola camera d’albergo a 66 anni. Il manicomio precipitò velocemente verso lo sfascio.

manicomio di Volterra

Pazienti vestiti tutti uguali, abusi, gente che veniva buttata dentro e di cui non si ricordava più nemmeno il nome. Il manicomio di Volterra divenne un luogo da incubo, la cui fama sinistra si sparse velocemente. Le lettere scritte dai pazienti per le loro famiglie venivano aggiunte alle cartelle cliniche, buttate in uno stanzino e abbandonate. Furono scoperte solo alla fine degli anni ’70. Il complesso fu abbandonato nel 1978.

Oggi sviluppatori come Lka e assistenti sociali si sono dedicati a ricostruirne la storia e preservarne la memoria, per evitare che la vita di migliaia di persone sparisca per sempre.