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Indipendenza, dopo la Catalogna ci pensa anche la Sardegna

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Dopo il caso Catalogna, anche in Sardegna ​gli indipendentisti rialzano la testa.

L’Italia come la Spagna? Ma, soprattutto, la Sardegna come la Catalogna? Parrebbe di sì, sembrerebbe proprio che l’agitazione di questi ultimi giorni in terra iberica stia accendendo gli animi degli indipendendentisti anche oltre confine, fino ad arrivare nel nostro Paese.

È un discorso atavico e radicato quello che vede la regione Sardegna o, meglio, alcuni dei cittadini sardi, impegnati in una campagna che li renda liberi dall’Italia. Vista la posizione della regione, la circostanza per la quale, di fatto, è staccata dal resto della nostra penisola, rende abbastanza naturale il desiderio di essere totalmente indipendenti.

Naturalmente c’è anche una forte componente storica, fondamentale, perché si parla di questo desiderio di indipendenza già da prima del 1948, data in cui la regione Sardegna divenne Regione Autonoma Sarda, dopo quasi un secolo di aspirazioni in tal senso.

Adesso, però, visto che i moti catalani sono arrivati a lambire anche le coste di una delle regioni più belle del nostro Paese, si riaccende il desiderio di indipendenza: dopo la Catalogna, quindi, ci pensa anche la Sardegna a portare avanti una battaglia per staccarsi dallo Stato? Allo stato attuale sono presenti, nella regione, diversi partiti indipendendentisti

È per mano di alcuni politici, esponenti dei partiti più radicati nel voler intraprendere questa strada, che si riaccendono gli animi e si torna a parlare, in maniera più concreta, di tale possibilità. Uno di questi, ad esempio, si chiama Unidos, e alla sua testa c’è l’ex presidente della Regione Sardegna, Mauro Pili.

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Pili, che non è nuovo all’idea di percorrere la strada dell’indipendenza, quando era presidente ha anche presentato vari disegni di legge perchè in Sardegna si pensasse seriamente a svolgere un referendum indipendentista. Subito a seguire, anche Franciscu Sedda, segretario del Partito dei Sardi, votato dal 2,66% dei sardi alle regionali del 2014, ha invece optato per un’altra soluzione, eccola: “Riformiamo lo statuto della Regione – ha detto Sedda – Siamo favorevoli ad un referendum sulla nostra indipendenza ma senza passare dalla Costituzione italiana, bensì dal nostro Statuto.”.

Adesso, però, sono tutte fasi iniziali, ipotesi che non hanno alcun fondamento, timidi tentativi, idee che sopraggiungono guardando altrove. Soprattutto, poi, bisogna fare i conti con la realtà, su come risponderebbe la regione. Perché in Sardegna, fino a questo momento, un’idea di indipendentismo sarebbe azzardata visto che, per come è dislocata, i cittadini, già di per loro, parlano almeno quattro differenti lingue o dialetti. Non da meno, inoltre, andrebbe considerato che sul piano economico non si vede come l’isola possa sostenere un debito pubblico consistente.

Sardegna e indipendenza

Secondo quanto disposto nel sito ufficiale della Regione, lo Statuto speciale è la Carta fondamentale della Sardegna. Approvato con Legge costituzionale nel 1948, esso fa parte integrante dell’ordinamento costituzionale italiano dove l’art. 116 prevede speciali condizioni di autonomia per l’Isola, insieme ad altre quattro regioni.

Per quanti si occupano di studi sardi, le speciali condizioni di autonomia sono il riconoscimento di situazioni storiche, geografiche, sociali, etniche e linguistiche fortemente caratterizzate. Nel quadro della situazione statale, secondo l’allora Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano, lo Statuto speciale rappresenta un unicum in risposta ad impegni, mai rispettati completamente, presi verso i sardi dai precedenti governi.

Il percorso verso l’autonomia, dopo la sua perdita temporanea con la Fusione perfetta nel 1847, fu lungo e travagliato ed è passato attraverso un difficile processo di integrazione nello Stato unitario, richiedendo anche un pesante sacrificio di sangue durante la Grande guerra. A detta di alcuni storici, davanti al sacrificio delle fanterie sassarine sui fronti del Carso l’Italia avrebbe contratto un debito verso l’Isola.

Lo stesso Presidente del consiglio Vittorio Emanuele Orlando, visitando il fronte in uno dei momenti più critici promise ricompense alla fine del conflitto. Di ritorno a Roma disse in Parlamento: “Quando vidi i fanti della Brigata Sassari ebbi l’impulso di inginocchiarmi. La Nazione ha contratto un debito di riconoscenza per i sacrifici ed il valore dei Sardi in guerra, e questo debito pagherà.”.

Al ritorno dal fronte gli ex-combattenti si organizzarono politicamente dando vita al Partito Sardo d’Azione la cui principale rivendicazione fu l’autonomia, riconosciuta con lo Statuto speciale – dopo la parentesi fascista – dall’Italia repubblicana il 22 dicembre 1947, cent’anni dopo la Fusione perfetta. Lo Statuto fu emanato il 26 febbraio 1948.