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La storia di Usman, morto suicida in attesa di un permesso di soggiorno che non arrivava mai

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Quanto segue è la storia di un ragazzo di 28 anni, scappato dal Togo in cerca di una vita migliore. Usman veniva sballottato da un centro di accoglienza all'altro in attesa che gli venisse riconosciuto il suo status di rifugiato politico. Una situazione che ha logorato la sua dignità di uomo. ...

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Quanto segue è la storia di un ragazzo di 28 anni, scappato dal Togo in cerca di una vita migliore. Usman veniva sballottato da un centro di accoglienza all’altro in attesa che gli venisse riconosciuto il suo status di rifugiato politico. Una situazione che ha logorato la sua dignità di uomo. Ha urlato, urlato forte la sua disperazione, la sua necessità di aiuto. Ha urlato fin quando non ha capito che per essere ascoltato doveva restare in silenzio, per sempre. Usman, arrivato, o meglio portato (deportato?) a La Spezia lo scorso maggio quando, Maroni decise che quei ragazzi, uomini, donne, ma anche bambini, dovevano essere distribuiti un po’ qui e un po’ lì, dev’essersi sentito trattato come un criminale eppure, non aveva fatto nulla. Forse, Usman non sapeva che questo è il paese della vergognosa legge “Bossi Fini”. Si Fini, proprio lui, quello che oggi rinnega le sue simpatie per il Ventennio. Quello che per un certo periodo è stato anche simpatico a una parte della Sinistra o presunta tale. Fini, proprio quello che con la Lega e Berlusconi andava a braccetto e di quel governo ha avallato tante scelte. Usman, la scorsa domenica, ha provato a uccidersi. Non ci è riuscito, qualcuno gli ha salvato la vita. Forse avrà pensato che in questo Paese non era neanche libero di morire. Eppure, sarebbe stato molto meglio se qualcuno lo avesse salvato anche ieri quando, si è impiccato nello stesso posto dove aveva tentato il suicidio la prima volta. Eccoli i pericolosi clandestini, il male supremo, causa delle nostre sventure, economiche e non. Poco importa se i vari Fiorito fanno il bello e il cattivo tempo. Loro saranno sempre più rispettati (da una parte degli italiani) di chi arriva qui a bordo di un barcone chiedendo semplicemente di poter vivere.
Vincenzo Borriello