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L’ex manicomio di Voghera con i suoi misteri

Exmanicomio

Tra storia e leggenda L’ex manicomio di Voghera in provincia di Pavia, attualmente abbandonato, fu concepito da Cesare Lombroso (Verona, 6 novembre 1835 – Torino, 19 ottobre 1909), notoriamente uno dei padri della criminologia, che a partire dai primi anni del 1862 insegnò Psichiatria nel ca...

Tra storia e leggenda

L’ex manicomio di Voghera in provincia di Pavia, attualmente abbandonato, fu concepito da Cesare Lombroso (Verona, 6 novembre 1835 – Torino, 19 ottobre 1909), notoriamente uno dei padri della criminologia, che a partire dai primi anni del 1862 insegnò Psichiatria nel capoluogo lombardo. L’edificio fu inaugurato nel 1876, poco dopo che Lombroso si era trasferito a Torino per insegnare nell’università del capoluogo piemontese, e venne diretto prima da Augusto Tamburini e poi da Giuseppe Antonini, psichiatra a cui è intitolato un altro manicomio oggi abbandonato, quello di Mombello di Limbiate. Venne costruito fuori dal centro abitato, per tenere completamente separati i “matti” dai “sani”, come si usava fare in quell’epoca, in cui queste persone erano totalmente discriminate. E’ un’enorme struttura, di 63mila metri quadrati, con aree a pianta circolare dette “la rotonde dei furiosi”, dove venivano ospitati i degenti più violenti. Complessivamente arrivò ad ospitare 1.029 pazienti e ad avere oltre 400 dipendenti. Venne chiusa nel 1998, a vent’anni dall’approvazione della legge Basaglia sulla chiusura degli ospedali psichiatrici. Si era pensato di farne una residenza assistenziale per anziani, ma si “preferì” edificarne una di fianco al costo di 12 milioni di euro e lasciare l’ex manicomio in abbandono, a parte alcuni locali utilizzati dall’Asl di Pavia e dalla direzione del dipartimento di salute mentale dell’Azienda Ospedaliera, che ne è proprietaria. Alla fine del maggio 2014 l’istituto tecnico di Voghera aveva iniziato un progetto di conservazione e di recupero dell’ex manicomio, ma nessun buon proposito in questo senso – desiderato dagli stessi vogheresi – si è ancora concretizzato.

Le pratiche utilizzate quindi dentro, anche atroci come la lobotomia, l’elettrochoc e ricerche mediche sui pazienti, rimangono accuratamente documentate in 16mila cartelle cliniche – 9000 di uomini e 6000 di donne, dal 1876 al 1998 – conservate nella vecchia biblioteca – archivio. Vennero catalogate a partire dagli ’60 del XX secolo proprio da una paziente schizofrenica che non uscì più dall’ospedale come peraltro la maggior parte dei pazienti, molti dei quali morirono di fame e di freddo. Qui ci sono ancora oggi gli strumenti per gli interventi chirurgici, gli aghi usati per la lobotomia, i tamponi per l’elettroshock e persino teschi dei pazienti su cui erano stati effettuati esperimenti scientifici. Si tratta di un “tesoro culturale, che documenta passo per passo le conquiste della psichiatria”, dichiarò Dino Sforzini, uno degli ultimi responsabili dell’ex manicomio e sarebbe auspicabile tenerne conto.

Si dice che questo luogo che fu di grande sofferenza, sul quale sono stati scritti pure dei libri, sia infestato dai fantasmi di coloro che vi furono internati, tanto che qualche anno fa se ne occupò anche la trasmissione “Mistero Adventure” su Italia 1, che si recò lì con tanto di ghosthunters, i cacciatori di fantasmi. Negli ultimi anni vi sono state effettuate anche visite guidate.

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