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Di Matteo: " Riina doveva morire 50 anni fa ", il commento del padre di Giuseppe

Di Matteo

Di Matteo si racconta ai microfoni di Fanpage: " Se Riina è morto, la Mafia ancora non lo è ". Dure parole quelle del pentito, padre del piccolo Giuseppe. Santino Di Matteo, fu il primo collaboratore di giustizia a pentirsi e pagò a caro prezzo le dichiarazioni ai magistrati. Per punirlo del trad...

Di Matteo si racconta ai microfoni di Fanpage: ” Se Riina è morto, la Mafia ancora non lo è “. Dure parole quelle del pentito, padre del piccolo Giuseppe. Santino Di Matteo, fu il primo collaboratore di giustizia a pentirsi e pagò a caro prezzo le dichiarazioni ai magistrati. Per punirlo del tradimento, suo figlio Giuseppe che ancora non aveva tredici anni venne sciolto nell’acido dopo due anni di prigionia. Si chiude un capitolo di sangue e di violenza ma non c’è pietà nelle parole di Santino.

Di Matteo e i delitti

Non ci può essere perdono per chi uccide un figlio, commenta lapidario Di Matteo. 779 i giorni di prigionia che il piccolo Giuseppe ha subito, per poi essere ucciso e sciolto nell’acido. Un omicidio brutale, che aveva lo scopo di far ritrattare Santino sulla strage di Capaci, cosa che comunque non farà nemmeno dopo la morte del figlio. Il boss prende le distanze dalla strage di Capaci perché, dichiara, è una vicenda che ha fatto troppo male. Santino descrive il figlio come colui che ha rotto il silenzio e che ha gettato luce sulla mafia. Giuseppe è il bambino che ha sconfitto la mafia vecchia.

Di Matteo e Riina

Oltre agli omicidi di mafia, commessi insieme durante la guerriglia, quella con il boss Riina è ” un’amicizia ” di lunga data. Santino ha dichiarato di conoscere il boss da quando aveva quattro anni. La scalata dei corleonesi Riina e Provenzano inizia nel 1970, quando Di Matteo ha sedici anni. Sempre nel 1970 si apre la guerra sanguinosa che fino al 1992 sarà la causa di una catena di morti. La guerra, dichiara Di Matteo si rivolgeva naturalmente contro coloro che si opponevano alla scalata di potere di Riina. Santino proviene da una famiglia mafiosa, poiché suo padre era già coinvolto nella rete di Cosa Nostra. E’ il 1978 l’anno che segna l’ingresso di Di Matteo nel mondo di sangue della mafia e che sancisce ufficialmente la sua affiliazione.

Nessun pentimento

Se Di Matteo conosce Riina sin da piccolo, è dopo l’affiliazione che conosce Riina come boss. Il capo di Cosa Nostra fa arrivare gli ordini usando come tramite Brusca. Poco prima delle stragi, in un posto vicino a Palermo, Di Matteo vedrà per l’ultima volta il capo mafia: è il 1991. Tra gli errori commessi da Riina, secondo Di Matteo il aver ucciso troppe persone all’interno della rete mafiosa ed in ultimo di essere andato contro allo Stato. Sarà proprio lo Stato a far crollare tutto il castello del boss e a metterlo in scacco dopo anni di latitanza. Riina non si pentirà fino alla morte perché secondo Santino dopo 70, 80 anni ormai è impossibile trovare redenzione.

Nuovi capi

Se ancora restano delle ombre nella politica del boss Totò Riina, la strada per i nuovi capi è già tracciata. Se una volta le logiche di elezione di un capo mafia seguivano dei rituali, ad oggi va avanti chi arriva prima e si fa largo con la violenza. ” Tutti comandano e nessuno è il capo ” dichiara Di Matteo. A tenere il timone di Cosa Nostra al momento c’è Messina Denaro. Se qualcuno ancora pensava che la morte del boss sancisse la fine di un’epoca, Di Matteo commenta laconicamente che ” E’ morto il maestro, ma la musica esiste “.