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Numero zero: alle origini del rap italiano. J-Ax presente nel docufilm

Numero zero: alle origini del rap italiano. J-Ax presente nel docufilm

Numero zero: il fatidico film sul rap italiano di cui tutti hanno parlano. Un’iniziativa interessante particolare e ardua, quella del regista Enrico Bisi di radunare tutti i principali esponenenti dell’hip hop degli anni novanta – da Danno dei Colle der Fomento a J-Ax, senza fare discr...

Numero zero: il fatidico film sul rap italiano di cui tutti hanno parlano.

Un’iniziativa interessante particolare e ardua, quella del regista Enrico Bisi di radunare tutti i principali esponenenti dell’hip hop degli anni novanta – da Danno dei Colle der Fomento a J-Ax, senza fare discriminazioni tra underground e mainstream – , per poter creare un quadro completo su tutti i fattori che hanno favorito la nascita di questa cultura in Italia.
Negli anni novanta, l’onda del rap si propaga da oltreoceano e arriva in Italia generando un sottobosco di esperienze artistiche e musicali che, sebbene inizialmente fossero conosciute solo dagli estimatori del genere, arrivano ben presto al grande pubblico. Nel 1994 esce SxM dei Sangue Misto, l’album che più di tutti segnerà quel periodo. Fino al 1999 è un fiorire di gruppi e artisti sotto la luce dei riflettori di tutti i media. Poi, progressivamente, il buio. Già nel 2002 inizia un’altra fase del rap. Alcuni protagonisti di spicco del decennio precedente abbandonano la scena, altri resistono fino a diventare, nel presente, artisti di riferimento per due generazioni di pubblico. “Numero Zero” racconta la golden age dell’Hip Hop italiano attraverso la voce dei suoi protagonisti: una lezione impressa nella storia di questa musica e una riflessione sul presente, grazie al coinvolgimento di un narratore d’eccezione: Ensi.
Il rap in Italia è ovunque ed ora è sbarcato in tv grazie ai talent show. Rap che è arrivato anche sul palco del Festival di Sanremo la vetrina musicale senza dubbio più popolare in Italia. Ma non è solo la televisione ad esser stata sopraffatta dalla cultura hip hop. Il rap oggi influenza e fa parte della moda, del cinema, del linguaggio del comportamento dei giovani. Gli stilisti propongono sulle passerelle i capi street, i ragazzi parlano con uno slang dei pezzi rap, e sul grande schermo vengono raccontate le storie di chi ha fatto la storia di questo genere.

Uno su tutti: Straight Outta Compton, il film che narra gli alti e bassi del gruppo N.W.A (quello di cui facevano parte Dr. Dre, Eazy-E, Ice Cube).

Ma quando una moda arriva al vertice, significa che il suo declino è oramai già iniziato. Così anche nella musica tutto si alterna. Anche per il rap in Italia. Oggi tutti ne parlano, tutti lo nominano ma quanti veramente conoscono le origini di questa cultura? A raccontare i momenti cruciali però ci ha pensato il regista Enrico Bisi proprio nel documentario Numero Zero – Alle origini del rap italiano.

Il film, prodotto dalla casa milanese Withstand, ripercorre tutti i passi di quella che è stata definita la Golden Age, ovvero il periodo in cui il genere ha raggiunto per la prima volta la vetta.

Un’ascesa non facile perché come dice DeeMo “il rap non venne accolto di certo a braccia aperte”. Ma un’ascesa che è tutta da scrivere. E questo fece sì che non ci fosse limite alla creatività e alla sperimentazione. Per un decennio gli artisti italiani affascinati dall’hip hop non hanno osato neanche rappare in italiano. Poi qualcuno decise di abbattere anche quella barriera. E così iniziò il cambiamento. “Mi rendevo conto di far parte di un movimento nuovo, spontaneo, che si stava prendendo un posto nella società”, spiega Militant A degli Assalti Frontali. “Eravamo tutti su una strada mai percorsa, poi crescendo le strade si sono definite”, dice poi Neffa.

La storia nel docu-film viene raccontata direttamente da chi l’ha fatta attraverso una serie di bio- interviste. DeeMo, Next One, Ice One, Neffa, Colle der Fomento, Tormento, Kaos, J-Ax, Esa, Fritz Da Cat, Frankie H-NRG, Big Fish, Fabri Fibra ( e tanti altri) tutti rivelano le difficoltà e i successi di quell’epoca. Ensi, invece, è la voce narrante e fa da collante tra le varie generazioni. Il «viaggio» portato sullo schermo da Bisi è ricco di dettagli. E anche attraverso le canzoni si respira quell’atmosfera di quei tempi. Il successo clamoroso e poi la discesa vertiginosa.

Realizzare il documentario non è stato facile. “Per finirlo ho impiegato quasi quattro anni dalla prima intervista. E vista la complessità dell’argomento sapevo che sarebbe andata a finire così sin dall’inizio», racconta il regista.

In tutto Bisi sono state realizzate venti interviste, di cui poi, alla fine ne rimaste sono diciassette. “Tendenzialmente – spiega – non cambierei nulla. Le scelte per quanto criticabili sono frutto di lunghe riflessioni. Il lavoro di montaggio è durato circa quattro mesi. Ogni decisione è stata pensata e ripensata. La parte più difficile del lavoro è stata quella iniziale, ovvero far capire il taglio del progetto alle persone che volevo coinvolgere. Mi ha colpito vedere la reazione degli artisti dopo la visione del film. La mancanza di fiato e parole di Tormento, le lacrime di Frankie, i complimenti sinceri e risoluti di Kaos e DeeMo, l’esaltazione di Ensi e Double S, l’apprezzamento di Neffa e la dichiarazione di Danno di essere un fan del film”.

Dei circa novanta minuti di immagini, che raccontano la nascita del rap nel nostro Paese, resta la presentazione di un movimento veramente carico di energia a cui le nuove generazioni si sono ispirate. Sono tre nel dock-film i passaggi clou: DeeMo e il suo Sfida il Buio, Neffa e messaggeri della dopa e Novecinquanta di Fritz Da Cat.

Enrico Bini nasce nel 1975 a Torino. E’ laureato in Lettere con una tesi in Storia e Critica del Cinema, dal 1999 inizia a occuparsi di regia cinematografica e video. Dapprima realizza dei cortometraggi, girati in pellicola s16 e 35mm che partecipano ed ottengono riconoscimenti in molti festival internazionali, abbracciando un pò tutti i continenti.
Nel 2008 Enrico dirige il primo documentario: Solo un Giorno e nel 2010 dirige Pink Gang, coproduzione italo-tedesca con il contributo del Ministero per i beni e le attività culturali. Il film partecipa a numerosi festival e vince premi in Italia e all’estero. Oltre all’attività di regista Enrico è anche montatore ed è stato insegnante di cinema presso istituti superiori e master post-universitari.

Numero zero, Neffa:

Io sono il numero zero
facce diffidenti quando passa lo straniero in sclero, teso vero
vesto scuro, picchio la mia testa contro il muro
sono io l’amico di nessuno stai sicuro
resto fuori dalla moda e dallo stadio
fuori dai partiti e puoi giurarci, io non sono l’italiano medio
ma un cane senza museruola

la N E la doppia F A Passaparola
chico canta che ti passa, ma non mi passa piú
testa bassa, la repressione
mi butta giú schiaccia
quando lo sbirro mi dá i pugni nella faccia
per me lo stato é solo stato di minaccia
quando vedo il tunisino all’angolo che spaccia
la nera presi a schiaffi dal magnaccia
io so che é tutto made in Italy percio’
non chiedermi se canto Forza Italia o no…