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Palazzo Cenci: la storia del fantasma di Beatrice

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Ubicazione e storia Palazzo Cenci a Roma fu la dimora della famiglia dei Conti Cenci, a cui apparteneva la giovane Beatrice, della quale parleremo meglio più avanti. L’edificio è costruito su un’altura chiamata Monte de’ Cenci, formatosi sui ruderi del Circo Flaminio. Attorno, un po’ t...

Ubicazione e storia

Palazzo Cenci a Roma fu la dimora della famiglia dei Conti Cenci, a cui apparteneva la giovane Beatrice, della quale parleremo meglio più avanti. L’edificio è costruito su un’altura chiamata Monte de’ Cenci, formatosi sui ruderi del Circo Flaminio. Attorno, un po’ tutto parla di questa aristocratica famiglia che vi dimorò: c’è un arco intitolato a loro, una piazza ed alcune vie, di cui una proprio con il nome di Beatrice. Il palazzo cominciò ad avere l’aspetto che conserva ancora oggi tra il 1570 ed il 1585, diventando una sorta di castello. Era dotato anche di una torre, che però fu distrutta nel 1888. La parte più importante del palazzo è affacciata su Monte de’ Cenci, ma quella più affascinante è quella posteriore, dove avrebbe vissuto proprio Beatrice. Ma chi era questa fanciulla, la cui vicenda sconvolse tutta Roma?

Storia di Beatrice Cenci e i suoi fantasmi

Beatrice Cenci (Roma, 6 febbraio 1577 – Roma, 11 settembre 1599) era figlia di Francesco Cenci, un uomo violento che, quando lei aveva 15 anni, ne abusò finchè Beatrice, esasperata, non lo uccise con la complicità della matrigna Lucrezia Petroni, una vedova sposata da Francesco nel 1593 – la madre di Beatrice era morta quando lei era bambina –, dei due, fratelli minori, Giacomo e Bernardo, e di altre persone. L’omicidio avvenne in un piccolo castello a Petrella Salto (Rieti), dove anni prima Francesco aveva segregato la figlia insieme alla matrigna, per impedirle di sposarsi e non essere così costretto a pagare la dote, anche perché era pieno di debiti. In seguito l’uomo, per sfuggire ai creditori ed essendo malato di rogna e di gotta, si trasferì nello stesso luogo con i due figli maschi e le condizioni di vita di Beatrice e di Lucrezia peggiorarono. Allora la ragazza cercò due volte di far uccidere il crudele genitore ottenendo anche l’aiuto di un castellano di nome Olimpio Calvetti e di un maniscalco, Marzio da Fioran, detto il Catalano. Al terzo tentativo, il piano funzionò: Francesco Cenci venne stordito da una bevanda con dentro dell’oppio procurato da Giacomo e, mentre dormiva, Marzio gli spezzò le gambe con un martello; infine Olimpio lo colpì mortalmente alla testa e ala gola con un chiodo e un martello. Poi il cadavere fu gettato dalla balaustra del castello, per simulare un incidente. Tuttavia le indagini, dopo la riesumazione del corpo di Francesco e la strana testimonianza di una lavandaia a cui Beatrice aveva ordinato di lavare le lenzuola del defunto sporche di sangue, dicendo che erano le sue mestruazioni, portarono all’arresto dei congiurati, che confessarono sotto tortura o minacce di tortura da parte della polizia pontificia. Beatrice Cenci e i suoi complici vennero giustiziati o morirono dopo i supplizi. In particolare la ragazza e la matrigna vennero decapitate in Piazza di Ponte Sant’Angelo dopo un processo farsa. Solo al 18enne Bernardo venne risparmiata la vita, data la sua giovane età ed il fatto di non aver partecipato materialmente all’omicidio del padre; ma per esserne stato a conoscenza e non averlo impedito, fu condannato alle galee a vita dopo essere stato costretto ad assistere, legato ad una sedia, alla morte dei suoi cari. Solo poche ore prima dell’esecuzione, gli fu comunicata la commutazione della pena, espiata la quale, qualche anno dopo venne rimesso in libertà dopo aver pagato un’ingente somma di denaro.

Si dice che l’allora Papa Clemente VIII, appreso dell’esecuzione della sentenze di morte, avesse esclamato “Giustizia è fatta!”, poi fece confiscare le proprietà della famiglia e le fece mettere all’asta per una cifra irrisoria (per 91 000 scudi). La maggior padre finì nelle mani di Gian Francesco Aldobrandini, suo nipote. I superstiti della famiglia Cenci ne ottenne solo parzialmente la restituzione, passando per vie legali. Eppure Beatrice, nelle sue ultime volontà, aveva disposto numerosi lasciti e non certo per la famiglia del pontefice.

Il corpo della fanciulla venne esposto come monito alla popolazione e poi, come da richiesta di lei, posto sotto l’altare maggiore della Chiesa di S. Pietro in Montorio, ma la lapide rimase senza nome, come per tutti i condannati a morte. La salma rimase lì fino a che, nel 1798, nel periodo della Prima Repubblica Romana, alcuni soldati francesi non profanarono la sua tomba e la testa di Beatrice venne persino lanciata in aria per gioco da uno scultore francese che aveva spaccato la lastra sepolcrale sul pavimento. Secondo un’altra versione, i soldati francesi giocarono a palla con la testa della fanciulla. Beatrice Cenci avrebbe ben due fantasmi che si aggirano per Roma: uno passeggerebbe per Ponte S. Angelo, tenendo la sua testa sotto il braccio, ogni notte dell’11 settembre, ricorrenza della morte della ragazza, l’altro si aggirerebbe proprio nelle stanze di Palazzo Cenci.

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