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Ponte sullo Stretto, 2 milioni l’anno di costi per lo Stato

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Il Ponte sullo Stretto si farà o non si farà, il dubbio rimane sempre aperto. Nel frattempo, però, lo Stato continua a pagare. Si torna a parlare del Ponte sullo Stretto. Questa volta, però, non per rilanciare l’idea della realizzazione, come fatto qualche mese fa dall’allora presidente del...

Il Ponte sullo Stretto si farà o non si farà, il dubbio rimane sempre aperto. Nel frattempo, però, lo Stato continua a pagare.

Si torna a parlare del Ponte sullo Stretto. Questa volta, però, non per rilanciare l’idea della realizzazione, come fatto qualche mese fa dall’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi, ma per ribadire l’esigenza di chiudere una volta per tutte il capitolo relativo all’infrastruttura più discussa, sognata e osteggiata della storia del nostro Paese.

Secondo la Corte dei Conti, infatti, nell’attuale situazione, il Ponte sullo Stretto continuerebbe a costare allo Stato italiano una cifra di poco inferiore ai due milioni di euro.

Due milioni di euro l’anno per la concessionaria Ponte sullo Stretto

A sottolineare la notizia è stato soprattutto il Fatto Quotidiano, che ha riportato come la Corte dei Conti abbia osservato che il fatto di mantenere in vita la concessionaria del Ponte sullo Stretto (ovvero la società che dovrebbe gestire l’infrastruttura) comporti “un onere annuo sceso sotto i due milioni di euro solo nel 2015”.

“Il superiore interesse al buon andamento amministrativo”, ha scritto ancora la Corte, “suggerisce celerità nella liquidazione della concessionaria”. Anche perché la situazione è molto ingarbugliata.

Trecento milioni di euro

La società del Ponte sullo Stretto è infatti una controllata dell’Anas, ovvero, in via indiretta, del ministero del Tesoro, e allo Stato sta chiedendo circa 300 milioni di euro per “pregresse attività”, in un quadro complessivo che la Corte ha definito “contrario ai principi di proporzionalità, razionalità e buon andamento dell’agire amministrativo”. Ciò nonostante, “non risultano iniziative della Presidenza del Consiglio e del Ministero delle Infrastrutture per por fine al contrasto con la concessionaria”.

I 300 milioni deriverebbero in sostanza dalle incertezze legate all’opera, voluta nel 2006 dal governo Berlusconi, cancellata dal successivo governo Prodi nello stesso anno e ripristinata nel 2008. Nel 2009 fu sottoscritto un accordo, proprio quello le cui clausole sono invocate oggi dalla concessionaria. A ciò vanno aggiunti i problemi con i privati – prima fra tutti la società Salini Impregilo – capofila della consortile che avrebbe dovuto realizzare il ponte.

Ad oggi e a partire dal 15 aprile del 2013, ricorda il Fatto Quotidiano, la società Stretto di Messina risulta in liquidazione, mentre la Corte sottolinea che “il termine annuale per la sua cessazione è da tempo scaduto”.