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Referendum 4 dicembre 2016: perché votare sì

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Al referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre si deciderà come sarà fatta l'Italia d'ora in avanti. Si vota per decidere se cambiare o no. Il referendum costituzionale che si terrà il 4 dicembre prossimo propone una serie di riforme volute dall'esecutivo presieduto da Matteo Renzi e che m...

Al referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre si deciderà come sarà fatta l’Italia d’ora in avanti. Si vota per decidere se cambiare o no.

Il referendum costituzionale che si terrà il 4 dicembre prossimo propone una serie di riforme volute dall’esecutivo presieduto da Matteo Renzi e che mirano a modificare in modo radicale l’attuale assetto parlamentare del nostro paese. Votando “sì” si approvano tali riforme, viceversa si sceglie di mantenere, almeno per ora, tutto com’è.

Referendum costituzionale: ecco le ragioni del sì

I sostenitori del sì oppongono in partenza una considerazione generale: dal momento che l’attuale assetto statale non funziona in modo ottimale, il cambiamento è ben accetto. L’obiettivo della riforma è quello di garantire maggiori snellezza e velocità nell’iter legislativo, accorciando i tempi di approvazione delle leggi. Inoltre, si vuole evitare la frammentazione del potere legislativo, dando di fatto maggiore incisività al partito o alla coalizione che occupa più seggi in parlamento.

E’ in questo senso che si inquadra la proposta di abbandonare l’attuale bicameralismo perfetto. Il Senato diventerebbe un organo di collegamento fra le Regioni e lo Stato, perdendo la sua funzione nell’ambito della discussione ordinaria dei disegni di legge. Nella stessa ottica si inquadra la sottrazione di competenze alle Regioni (ad esempio su ambiente, gestione delle reti di trasporto, politica del lavoro e settore energetico) e la restituzione delle stesse allo Stato in via esclusiva.

Il taglio dei costi della politica: riduzione del numero dei senatori, abolizione del CNEL

Altro aspetto importante del progetto di riforme è quello relativo al taglio dei costi della politica. I componenti del Senato passerebbero dagli attuali 315 a 100, con conseguente riduzione degli esborsi a carico dello Stato. Il CNEL, il Consiglio Nazionale per l’Economia e il Lavoro, organo al momento composto da 64 consiglieri con funzione consultiva in materia di legislazione su lavoro ed economia, verrebbe abolito.