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Roscigno Vecchia, borgo fantasma in provincia di Salerno

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La storia Roscigno Vecchia, che fa parte della comunità montana di Alburni e del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni e dal punto di vista del controllo ecclesiastico della Diocesi di Teggiano-Policastro in provincia di Salerno, in Campania, è uno dei borghi abbandonati più fa...

La storia

Roscigno Vecchia, che fa parte della comunità montana di Alburni e del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni e dal punto di vista del controllo ecclesiastico della Diocesi di Teggiano-Policastro in provincia di Salerno, in Campania, è uno dei borghi abbandonati più famosi e suggestivi d’Italia, tanto che è detta la “Pompei del ‘900”. La popolazione comincia lasciare il suo centro storico nell’anno 1902 a causa di due ordinanze del genio civile, che la costringono a stabilirsi nella parte nuova del paese, chiamata appunto Roscigno Nuova. In quella vecchia oggi risiede una sola persona, il signor Giuseppe Spagnuolo, il quale però si è trasferito lì da fuori, dopo la morte dell’ultima abitante autoctona, Teodora Lorenzo, soprannominata “zia Dorina”, spentasi il 15 ottobre del 2000. In questa località i turisti sono pochi e a quei pochi Spagnuolo fa da cicerone.

Documenti storici dimostrano che Roscigno Vecchia – dove “roscigno” deriva dal termine dialettale “russignuolo”, ovvero “usignolo” – fu abitata per la prima volta verso la fine dell’anno Mille e tutto gravitava attorno ad un monastero di frati benedettini e ad una chiesa dedicata a Santa Venere. La comunità era costituita da pastori, bovari e porcari provenienti da Corleto Monforte, i quali decisero di stabilirsi direttamente sul posto per motivi pratici.

Un documento testamentario del 1303 rende noto che a quell’epoca il borgo, allora chiamato Rosinii, apparteneva alla Baronia dei Fasanella, mentre nel 1515 era dominato dall’aristocratica famiglia dei Sanseverino. E’ proprio in quell’anno che il comune diventò autonomo da quello di Corleto di Monforte, autonomia che si completò con l’acquisto del territorio per 15.000 ducati da parte del feudatario Michele Soria. Secoli più tardi, dal 1811 al 1860, appartenne al Regno delle Due Sicilie, dopodichè gran parte della popolazione di ribellò ai Borboni, preferendo essere annessa al Piemonte e poi al Regno d’Italia. Verso le 9 di sera del 7 luglio 1866, subì un’invasione di briganti con a capo Angelo Croce e Francesco Mazzei, invasione che causò due morti e numerosi feriti.

Frane e alluvioni

Roscigno è stata ricostruita tre volte nei secoli a causa di frane e alluvioni: l’ultima ricostruzione è proprio quella del 1902 menzionata all’inizio, quando la popolazione dovette spostarsi nella località “Piano” – dove vi è una piazza dedicata al politico e patriota Giovanni Nicotera, la quale è stata teatro dell’invasione di briganti di cui sopra –. Per questi motivi Roscigno è detto “il paese che cammina”.

Nel 1776 una frana avvenuta nella vicina località Molinello, ha provocato la depressione del terreno e la successiva formazione di un laghetto nella zona di Bella Pala, laghetto in cui trovò la morte un uomo, Francesco Mazzeo: il suo cadavere venne rinvenuto 8 giorni più tardi.

Archeologia e cinema

Roscigno merita di essere visitato anche perchè sulle sue colline si trova il sito archeologico del Monte Pruno, risalente al periodo tra il VII e il III secolo a.C, periodo in cui ci vivevano i popoli degli Enotri e dei Lucani. Sporadici ritrovamenti furono effettuati negli Anni Venti, poi nel 1938 venne alla luce una tomba principesca il cui corredo si trova ora al Museo Archeologico Provinciale di Salerno. Dagli Anni Ottanta si svolsero ricerche sistematiche, che fecero emergere in questo luogo una vera e propria necropoli. Un’ultima curiosità: Roscigno Vecchia è stata usata come set cinematografico per il film sul Risorgimento Noi credevamo (2010), diretto da Mario Martone, ispirato anche sul romanzo storico omonimo della scrittrice Anna Banti.