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Russia pronta all’invio di truppe di terra in Siria

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Nonostante gli impegni ufficiali di Vladimir Putin, la strategia russa per l’intervento in Siria potrebbe avere sviluppi ben diversi dal semplice supporto per via aerea. Ad affermarlo, per via indiretta, è stato l’ammiraglio russo Vladimir Komoyedov, il quale ha specificato che eventuali vol...

Nonostante gli impegni ufficiali di Vladimir Putin, la strategia russa per l’intervento in Siria potrebbe avere sviluppi ben diversi dal semplice supporto per via aerea.

Ad affermarlo, per via indiretta, è stato l’ammiraglio russo Vladimir Komoyedov, il quale ha specificato che eventuali volontari russi diretti “verso la Siria non possono essere fermati”.

Come dire, nella sostanza, che gruppi non ufficiali di soldati sono già in partenza per la Siria, andando a comporre un contingente di forze terrestri impegnato nella guerra all’Isis.

Nella realtà, i raid aerei dell’ultima settimana compiuti dall’aviazione russa hanno dimostrato che più che colpire lo Stato Islamico, l’intenzione di Mosca è quella di indebolire tutte le forze che si oppongono alle truppe dell’ex presidente Bashar al Assad, nel tentativo di mettere ordine nell’enorme e ingestibile caos siriano, dove le formazioni attive sono almeno una ventina, fra cui i gruppi filo qaedisti Al Nusra, Ahrar al-Sham e Kataib Abu Amara e l’Esercito della Salvezza (Jaysh al-Fatah), sostenuto da Turchia e Qatar.

Tutti contro Bashar al Assad, eppure non del tutto alleati del Califfato.

Ancora ieri il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg (foto), ha accusato il Cremlino di non avere attaccato “l’Isis ma i gruppi dell’opposizione che combattono l’Isis ed anche i civili”.

Secondo molti analisti, l’intervento russo nel conflitto si può già definire significativo, e a maggior ragione lo diventerebbe con un intervento diretto via terra. Non sarebbe nulla di diverso da quanto fatto da Mosca l’anno scorso in Crimea, quando non furono le truppe ufficiali a scendere in campo, ma quelle di volontari russi, in realtà forti dell’appoggio del governo russo.

Le prime reazioni sono state quelle della Turchia e degli USA.

Ankara vorrebbe creare una zona sicura presso il confine turco – siriano, dove ospitare i profughi e proteggere i ribelli che si oppongono a Bashar al Assad, in ciò scontrandosi con gli obiettivi dell’intervento russo. “L’ovest della Siria” ha infatti spiegato il vicepremier turco Numan Kurtulmus, “è la parte del Paese maggiormente popolata: Damasco, Homs, Hama, Aleppo e Latakia. C’è un equilibrio, in questo momento in queste zone. Qualsiasi intervento aggiuntivo, particolarmente quello della Russia e i bombardamenti delle aree dove insistono i dissidenti moderati, darà maggiore forza al regime, e, in questo caso, Dio ce ne scampi, nuovi cambiamenti negli equilibri in queste città densamemte popolate porteranno a un flusso di centinaia di migliaia, forse più di un milione di migranti in Turchia”. Gli attriti fra Russia e Turchia, nel frattempo, sono già iniziati, perché, in questi giorni, Ankara ha chiuso il proprio spazio aereo ai jet russi.

Gli USA starebbero invece pensando a fornire “possibili ingenti aiuti per i ribelli moderati” che si oppongono sia allo Stato Islamico, sia a Bashar al Assad. L’obiettivo di Washington potrebbe coincidere con quello della Turchia di creare la zona sicura nei pressi del confine occidentale siriano.

L’intervento russo, però, ha scatenato anche altre reazioni.

Da un lato, quella dell’Iraq, il cui leader al Abadi intenderebbe chiedere a Mosca di estendere i raid aerei anti Isis anche al proprio territorio. Con questo, come hanno fatto osservare in molti, l’Iraq entrerebbe a far parte della sfera di influenza del Cremlino, a circa quattro anni dal ritiro delle truppe USA da Baghdad.

Dall’altro, quella di vari imam sauditi che starebbero invitando il popolo arabo alla Jihad anti russa.

A fianco dei russi potrebbero infine scendere in campo anche le milizie sciite provenienti dall’Iran.

Lo scenario finale potrebbe essere quello di uno schieramento internazionale in tre blocchi: quello pro Assad, con Russia, Iran e Iraq, quello anti Assad, con Turchia, USA e alcuni paesi sauditi, e lo Stato Islamico.

Molto difficile, in tutta onestà, prevedere quali possano essere gli esiti di un conflitto del genere.