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Sindrome di Stoccolma: quali sono i sintomi

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Quante volte avete sentito parlare della sindrome di Stoccolma? Chi subisce violenza o sequestri può esserne vittima. Ma come si riconosce? Che sintomi ha? La sindrome di Stoccolma non è una malattia. Più precisamente si tratta di una condizione psicologica che si verifica quando la vittima di u...

Quante volte avete sentito parlare della sindrome di Stoccolma? Chi subisce violenza o sequestri può esserne vittima. Ma come si riconosce? Che sintomi ha?

La sindrome di Stoccolma non è una malattia. Più precisamente si tratta di una condizione psicologica che si verifica quando la vittima di un sequestro sviluppa sentimenti positivi, quasi di affetto nei confronti del sequestratore. In generale questa espressione si utilizza anche in caso di violenza sulle donne e sui minori, quando questi ultimi giustificano e provano affetto per i loro aguzzini. Non tutte le vittime di violenza o di sequestro sviluppano questa sindrome. Più il carattere e la personalità di chi subisce violenza sono forti, minore sarà il rischio di cadere in questa condizione psicologica. Ma perché di Stoccolma? Tutto ha avuto origine per un fatto di cronaca che si svolse a Stoccolma nel 1973. Nell’agosto di quell’anno due rapinatori sequestrarono per 5 giorni quattro impiegati della Banca di Stoccolma. In quei giorni le vittime instaurarono un rapporto affettivo con gli aguzzini che non cessò nemmeno dopo la loro liberazione.

Sindrome di Stoccolma: i sintomi

Non trattandosi di una malattia vera e propria, non si può parlare di sintomi della sindrome di Stoccolma. Tutto scatta quando la vittima comincia a percepire che la propria sopravvivenza dipende dalle sorti del sequestratore. Soggetti come bambini e adolescenti, che non hanno ancora una personalità forte e sviluppata, provano inizialmente confusione e paura. A poco a poco i soggetti sviluppano una strategia per resistere alla difficile situazione. Cominciano a capire che la loro vita dipende dalla volontà del carnefice, In questo modo le vittime diventano psicologicamente legati al sequestratore, si affezionano a lui per evitare di morire. Un meccanismo di difesa e di sopravvivenza. A poco a poco questa condizione psicologica porta chi soffre di sindrome di Stoccolma a giustificare il carnefice. Se ne comprendono le ragioni della violenza al punto da difenderle. Molti sono i disturbi connessi alla sindrome, come difficoltà ad addormentarsi, incubi, flashback, fobie e depressione.

Molti sono i traumi che eventi come il sequestro e le violenze lasciano sul corpo e sulla psiche delle vittime. Tuttavia nel caso della sindrome di Stoccolma questi non sono sintomi ma conseguenze della violenza. L’unico aspetto che permette di identificare la sindrome sono l’affetto o i sentimenti positivi che le vittime provano verso i loro aguzzini. Non solo. In genere chi cerca di liberare le vittime e di fare del male ai carnefici viene preso di mira proprio dai soggetti affetti dalla sindrome. Questi ultimi identificano il vero nemico non in chi fa loro del male, ma in chi cerca di punire il carnefice. Più che di sintomi si può parlare di meccanismi psicologici, che portano le vittime ad amare chi li sevizia. Al punto tale che una delle impiegate della Banca di Stoccolma sequestrate nel 1973 arrivò addirittura a sposare il suo sequestratore.