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Stupri Rimini, quando il 15enne disse agli amici: "Quella la faccio bere e la violento"

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Tre ragazzine ci raccontano di più sui quattro barbari che sono stati arrestati per gli stupri di Rimini e sul loro giro di conoscenze. Uno in particolare il 15enne risultava essere il più pericoloso.

Interessante testimonianza di tre ragazze

Raccapriccianti novità sugli stupri di Rimini. Adesso che i quattro barbari sono stati presi, iniziano a venire a galla altre verità. Tre ragazzine che conoscono personalmente la gang, ci raccontano nuovi particolari. Margherita e le amiche Hiba e Irene, tutte italiane, di famiglie emigrate dal Marocco, e tutte di 15 anni, raccontano com’erano i quattro arrestati per gli stupri di Rimini.

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“la faccio bere, poi la violento”

Il 23 agosto, alla festa di compleanno di Margherita, “K. disse una cosa che ci lasciò tutti di m… Aveva puntato una mia amica, Laura, che gli piaceva molto. Disse: adesso la faccio bere e poi la violento. Ci sono state reazioni diverse. Qualcuno è scoppiato a ridere, un altro gli ha detto: ma sei scemo. Molti sono rimasti male. Io e le mie amiche del cuore, ad esempio. Laura si è spaventata moltissimo, ed è rimasta con noi tre tutta la sera, appiccicata a noi”

Le ragazze tutto sommato si sentivano al sicuro

Le tre ragazzine sono spaventate dalla vicenda degli stupri di Rimini, ma non sono sicure che avrebbero rischiato. Secondo loro avrebbe potuto non succedergli nulla perché ”K. ci ha sempre trattato come sorelle, o cugine. Le nostre famiglie sono arrivate qui più o meno insieme, e le famiglie marocchine si aiutano molto”. E K., il più giovane degli arrestati, “ci faceva paura, certo, per come si comportava. Uno psicopatico. Parlava solo di uccidere e violentare. Era anche noioso, in questo. Ma non ci ha mai toccate, e noi comunque facevamo attenzione. Stavamo sempre insieme, noi tre”.

Un grosso giro di amici

La compagnia “è fatta di una trentina di ragazzi, abbiamo il nostro gruppo WhatsApp. Ci sono marocchini, albanesi, e cinque italiani. Che si fa? Si prende il tram e si va a Pesaro, a divertirci, perché qui non c’è niente”. Il tram in realtà è l’autobus, che porta i ragazzi a scuola o al “piazzale Matteotti, dove ci sono le panchine, noi siamo sempre lì”. O alla stazione, dove poche ore dopo gli stupri, “c’era molta polizia. C’eravamo anche noi… Loro quattro erano lì, siamo andate a salutarli”.

“Abbiamo visto i controlli, chiedevano i documenti, un poliziotto ha anche squadrato per bene K, davanti e dietro, poi se ne è andato”. Era sabato pomeriggio, la caccia alla banda dei quattro era cominciata all’alba, quel pomeriggio M., il fratello diciassettenne di K., era nervoso. Continuava a chiedere “ma chi cercano? Magari c’è un politico? O un cantante? O stanno cercando qualcuno?”. K invece era tranquillo, rideva e scherzava”.

Per quanto riguarda Guerlin, il congolese, “noi l’abbiamo sempre chiamato Biondo, per scherzo, no? Lui così nero”. Su cosa si dicevano, il ricordo di Irene e Margherita è preciso: “Abbiamo sentito solo noi due, quelle frasi: M. a un certo punto ha detto “sai cosa abbiamo fatto, no?”, come a dire che siamo stati noi, perciò c’è tutta questa polizia, ma abbiamo capito dopo il significato. E il Biondo ha risposto: “Stai zitto, fra’, cioè fratello”.

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I sospetti delle ragazzine sugli stupri di Rimini

Ma un’altra cosa ha spaventato le tre adolescenti. “Da venerdì notte, da quel venerdì, sono spariti da WhatsApp. Biondo non era nella chat, ma gli altri tre, muti, non si sono più collegati. Abbiamo pensato che era strano. Poi sono proprio spariti, nessuno della compagnia li ha più visti. Ci siamo dette: “E se fossero loro?””

Ma poi è uscita fuori quella foto, il frame della telecamera. Anche se appaiono tutti identici, Margherita, Hiba ed Irene hanno compreso subito la situazione. “Noi li abbiamo riconosciuti. Guarda qua: A sinistra c’è M., quello in mezzo è L., a destra c’è K.”.

Irene: “Mi è venuto da piangere, erano i nostri amici, erano stati loro”. Margherita: “Io ho sempre pensato che fossero stati loro, c’erano delle coincidenze, uno non si cancella dalla chat degli amici così, di colpo”. Nessuna di loro ha pensato di fare qualcosa, perché erano solo dei sospetti e non avevano prove inconfutabili sulla loro colpevolezza.

Però il loro intuito suonava l’allarme. “Eravamo sicure che K. prima o poi ammazzasse o violentasse qualcuno. Lo diceva sempre. È violento, vuole sempre fare a botte con tutti, se vede uno che non gli piace si alza e va a menarlo. Il controllore dell’autobus ad esempio. E gira con un coltellino, l’ha usato per ferire un altro ragazzo, che poi l’ha denunciato. Gli piacciono le ragazze, forse è un malato, diceva sempre di essere invalido, a me sembrava che stesse benissimo, a parte la psicopatia”. E “ha avuto molte fidanzate, tra cui una certa M., che sta abbracciata a lui sul profilo Facebook, e “quando passava una ragazza le guardava il culo e diceva a noi: quella me la farei”.

K. ”ci faceva paura. Stavamo zitte. Lui ci chiamava sorelline…”. Hiba aggiunge: “A me ha rubato il cellulare. Io lo invitavo alle feste a casa mia e lui mi ripaga così. Mia madre ha deciso che era meglio non denunciarlo, viene da una famiglia un po’ pericolosa, nessuno dei nostri genitori li frequenta più”.

Il Biondo invece ”parlava poco. Diceva di essere scappato dalla guerra, ma non ne voleva parlare. Spacciava alla stazione, fumo e ganja, aveva sempre soldi. Loro erano sempre vestiti firmati. Nike, Adidas, Vans, Converse, roba che costa. Le scarpe K. le rubava in palestra, poi l’hanno espulso da scuola, faceva l’artistico. L’unico che non rubava era L., il nigeriano. A lui la famiglia comprava tutto, stanno molto bene, gli hanno regalato l’iPhone”. Cosa dicevano di quelle cose firmate? Perché i due fratelli erano poveri. “Dicevano che arrivavano dalla Caritas. Ma noi lo sappiamo, che alla Caritas non ti danno quei vestiti”.

Mentre M. “era appena uscito dalla comunità. Spacciava, gliel’hanno trovata nello zainetto”. Margherita dice che “aveva promesso di rigare dritto. Diceva: non voglio tornare in quel posto. Perciò mi stupisco che abbia fatto quelle cose, tornerà dentro, no?”. La risposta è alla domanda di Margherita è sì.