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Totò Riina, il ritratto e la storia della crudeltà del boss mafioso

Totò Riina

Nella notte è morto Totò Riina, il Capo dei Capi, il boss mafioso autore di diverse stragi nei primissimi anni Novanta: ecco la sua storia.

Nella notte è morto Totò Riina, il Capo dei Capi, il boss mafioso autore di diverse stragi nei primissimi anni Novanta. La sua storia è quella di una persona che è partita dal basso, ma che a cominciare dagli anni Quaranta ha compiuto una rapida ascesa che lo ha portato al comando di Cosa Nostra. Ma prima di diventare il leader incontrastato della Mafia, ha dovuto comunque fare parecchia strada.

La storia di Totò Riina

All’età di ottantasette anni, nella notte è morto Totò Riina, il Capo dei Capi. La sua è la storia di una persona che è partito dal basso, ma che dagli anni Quaranta ha compiuto una vera e propria ascesa che lo ha portato al vertice di Cosa Nostra. Ma prima di riuscire a diventare il leader incontrastato della Mafia, Riina ne ha dovuta fare parecchia di strada. E per strada ha lasciato anche un gran numero di cadaveri, almeno un centinaio.

Totò Riina nasce a Corleone nel 1930 da una famiglia di contadini. Fin da piccolo rubacchia qual che può e quello che capita, dal metallo alla polvere da sparo. Il primo vero salto di qualità lo compie quando è appena adolescente. Cioè quando diventa amico di Luciano Liggio, un piccolo criminale di provincia, che sarà destinato a diventare uno dei pezzi grossi della Mafia. E’ proprio lui, Liggio, a fare entrare il giovane Riina all’interno dell’organizzazione.

Passa poco tempo e Riina commette il suo primo omicidio. Il boss finisce all’Ucciardone (il carcere di Palermo) per aver ucciso in una rissa un coetaneo. ma questo sarà solo il primo di una lunga serie di omicidi che Riina compirà nel corso della sua vita. Una volta scarcerato qualche tempo più tardi, Riina decide di tornare a lavorare per Cosa Nostra, entrando a far parte in quella che stata definita come la “squadra della morte”. A farne le spese sono soprattutto i picciotti di Michele Navarra, il padrone di Corleone con cui Liggio ingaggia un feroce scontro che termina negli anni Sessanta con l’uccisione dello stesso Navarra.

L’ascesa

Una volta vinto lo scontro contro il rivale, l’ascesa di Liggio e Riina è ormai cosa fatta. Il primo diventa il capo delle cosce, con Riina che gli fa da vice. Poco dopo, Totò rimane coinvolto in una retata e viene recluso nuovamente all’Ucciardone. Ma Riina aspetta fiducioso, in quanto lo Stato non ha i mezzi giuridici per incastrare lui e nemmeno gli altri esponenti di spicco della Mafia, come ad esempio Stefano Bontate e Gaetano Badalamenti. Infatti, nel 1969 vengono tutti assolti.

Totò Riina

A questo punto, Riina entra in latitanza. Vuole a tutti i costi diventare il leader della cosca di Corleone. Ma farà molto di più, tanto da entrare nei libri di storia come il “Capo dei Capi”. Insieme a Provenzano uccide a colpi di mitra il boss Michele Cavataio e altri quattro picciotti in quella che è diventata la celebre “Strage del Lazio”. Siamo nel dicembre del 1969. Due anni dopo, Riina è l’esecutore materiale dell’omicidio del procuratore Scaglio. Ma nel frattempo continua la sua scalata verso i vertici mafiosi. Prende il posto di Liggio nella cosiddetta “Commissione”. Successivamente aumenta gli introiti dell’organizzazione progettando il sequestro di alcuni importanti imprenditori. Intanto, nei primi anni Ottanta, fa eliminare i boss Giuseppe Panno e Salvatore Inzerillo.

Riina viene definito “l’animale” dall’amico e referente politico Vito Ciancimino. E’ feroce e spietato. Dopo essere stato condannato in contumacia all’ergastolo per colpa delle rivelazioni di Tommaso Buscetta (il primo vero pentito di Mafia), durante il maxi processo (iniziato nel 1986 e terminato nel 1992) Riina ne fa uccidere undici parenti, tra cui anche donne e bambini.

La stagione delle stragi

Riina è stato protagonista anche nella stagione delle stragi, entrando ancora di più nell’immaginario collettivo. Siamo nel 1992 e tra il 23 maggio e il 19 luglio condanna a morte i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Ma gli restano soltanto pochi mesi di libertà. Il 15 gennaio 1993 gli uomini del Ros lo arrestano dopo una lunga latitanza durata ventiquattro anni. A tradirlo sono state alcune rivelazioni di Baldassarre “Balduccio” Di Maggio, colui che era il suo storico autista.

A 63 anni comincia la vita da carcerato di Riina, che viene imputato e condannato. In uno dei processi che lo hanno visto come protagonista e che gli porteranno quattordici ergastoli, un giudice gli chiede se abbia mai sentito parlare di Cosa Nostra. Riina non risponde, fa spallucce. Ha usato la stessa strategia utilizzata anche negli anni Sessanta. Ma questa volta non paga più. Viene rinchiuso nel carcere di massima sicurezza dell’Asinara con il 41-bis. Fino a quando non comincia ad accusare ai primi problemi di salute. Dopo aver subito due operazioni, Riina entra in coma. Le sue condizioni sono ormai disperata e il boss mafioso vede la sua fine nella notte scorsa, alle ore 3.37.