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Scoperte le lettere di un sopravvissuto ad Auschwitz

Lettere da auschwitz

Trovate e decifrate da uno storico dopo 70 anni le lettere di un sopravvissuto ad Auschwitz: ecco le sue tragiche testimonianze conto il negazionismo.

Trovate dopo 70 anni e decifrate da uno storico russo, Pavel Polian, le lettere di un sopravvissuto ebreo ad Auschwitz alla famiglia: sono lettere d’addio, perché ovviamente lui pensava di non sopravvivere, e quando lo studioso le ha mostrate alla figlia di quest’uomo, “si è commossa moltissimo”.

In divisa

Marcel Nadjari, questo era il suo nome, le aveva nascoste in una bottiglia avvolta in una borsa di pelle, che poi aveva seppellito nel terreno, e i documenti sono stati trovati nel 1980. Si tratta di documenti storici importantissimi, perché sono un’ulteriore prova che Auschwitz non è stata una “bugia”, come la definiscono i negazionisti della Shoah (in ebraico desolazione, catastrofe, disastro) l’Olocausto.

Lettera di un deportato

Marcel aveva fatto parte del Sonderkommando, unità speciali di prigionieri che erano costretti, pena la loro stessa morte, ad accompagnarne altri, appena arrivati al campo di sterminio, negli spogliatoi, per poi entrare nelle famigerate “docce”, come venivano chiamate dai nazisti le camere a gas. Successivamente avrebbero dovuto prendere i vestiti delle vittime, estrarre i corpi dalle camere della morte e portarli all’ascensore che avrebbe dovuto condurli ai forni crematori “Ho accompagnato donne è bambini a morire”, scriveva l’uomo, deportato nell’aprile del 1944 e morto a soli 54 anni nel luglio del 1971 a New York, dove era emigrato con la moglie e lavorava come sarto.

I dettagli

Lettere sgualcite dal tempo

Le lettere sono sgualcite dal tempo e dall’essere state nascoste per 70 anni in una bottiglia sottoterra, ma con un metodo detto multispettrale, lo studioso Pavel Polian è stato in grado di decifrare il 90% del loro terribile contenuto. Ecco alcuni stralci: “Dopo essersi spogliati venivano portati nella camera della morte, dove i tedeschi avevano messo delle tubature per fargli credere fosse un bagno. Le bombole del gas arrivavano sempre con una macchina della Croce Rossa tedesca e due uomini delle SS. Trascorsi sei o sette minuti nelle camere, iniziavano a morire. Mezz’ora dopo, iniziava il nostro lavoro: avremmo dovuto prendere i corpi di donne e bambini innocenti e portarli all’ascensore che portava nella stanza con i forni dove i loro corpi sarebbero bruciati senza combustibile, a causa del loro grasso”. I corpi potevano diventare 640 grammi di cenere, che poi veniva gettata di un fiume della zona.

Scoperto e decifrato dopo 70 anni

Poi Marcel continuava: “Ciò che ho vissuto è impossibile da descrivere Ho visto passare sotto i miei occhi circa 600.000 ebrei ungheresi, francesi e 80.000 polacchi”, provenienti da Litzmannstadt, originariamente Łódź, dove i nazisti crearono il famigerato ghetto, il secondo più grande dalla Polonia dopo quello di Varsavia e seguito da quello di Cracovia. Fu l’ultimo ghetto ebraico polacco in cui gli internati sopravvissuti che ci lavoravano, vennero condotti ai campi di concentramento. Prima della Seconda Guerra Mondiale vi risiedevano oltre 200.000 ebrei, ma ne sopravvissero soltanto 970.

“Mi sono chiesto spesso – si legge in una lettera di Marcel, che credeva che non sarebbe sopravvissuto perché anche i membri del Sonderkommando potevano essere selezionati per essere uccisi e sostituiti – come avrei potuto uccidere altri ebrei e ho spesso preso in considerazione la possibilità di mettere fine a tutto questo. Ogni volta che qualcuno veniva ucciso mi chiedevo ‘Dio esiste?’. Nonostante tutto questo, ho sempre creduto in lui. Continuo a credere che questa sia la volontà di Dio”. L’uomo anche che avrebbe voluto sopravvivere per vendicare la morte della sua famiglia: due anni prima di lui erano stati deportati e poi uccisi i suoi genitori e la sorella minore, Nelli. Lui fu l’unico sopravvissuto.

Il seguito della storia

Il 25 gennaio del 1945, due giorni prima che l’Armata Rossa liberasse Auschwitz – ricorrenza che ricordiamo con il Giorno della Memoria il 27 gennaio –, Marcel Nadjari venne trasferito in un altro campo in Austria, dove venne liberato. Tornò nella sua città d’origine, Salonicco, e abbiamo detto ciò che avvenne successivamente. L’uomo è stato l’unico membro del Sonderkommando ad essere sopravvissuto alla Shoà: altri cinque ci hanno lasciato testimonianze dell’orrore, ma loro ne sono stati inghiottiti.