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Vergogna a Genova: i tifosi fermano la partita

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L’ennesimo spaccato della follia cui è giunto il calcio italiano, nella totale indifferenza delle autorità. Solo che il tutto, ad una settimana esatta di distanza dalla tragedia Morosini, suona ancor più sinistro e non può che suscitare inquietanti interrogativi. Domenica scorsa il pallone...

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L’ennesimo spaccato della follia cui è giunto il calcio italiano, nella totale indifferenza delle autorità. Solo che il tutto, ad una settimana esatta di distanza dalla tragedia Morosini, suona ancor più sinistro e non può che suscitare inquietanti interrogativi. Domenica scorsa il pallone italiano si era fermato per commemorare un ragazzo sfortunato, oggi, a Genova, il pallone ha smesso nuovamente di rotolare, per 40’ lunghissimi minuti, ma per ben altri motivi. Quali? Il ricatto di un gruppo di ultrà. Lo stadio è lo stesso che, il 12 ottobre 2010, vide le gesta di Ivan Bogdanov e dei “colleghi” serbi nella tristemente famosa partita contro la nazionale azzurra, ma se allora il pallone italiano provò a dissociarsi oggi invece è rosso di vergogna. Il Genoa è sotto di quattro reti nella partita contro il Siena, la squadra è paralizzata nelle gambe e nella testa da una classifica che fa terribilmente paura ma viene pure abbandonata dai tifosi. Quante volte si è magnificata la Gradinata Nord di Marassi per l’attaccamento alla maglia ed ai colori rossoblù, per il sostegno alla squadra anche nei momenti più difficili, Never walk alone e via dicendo.

Oggi invece quegli stessi tifosi hanno mostrato il loro lato negativo. A partita compromessa, e senza una reazione della squadra, i tifosi fanno capire chi davvero comanda dentro agli stadi italiani: loro. Si comincia con un lancio di petardi e fumogeni per costringere l’arbitro alla sospensione, poi parte il piano B: alcuni sostenitori, o presunti tali, occupano di fatto lo stadio mettendosi a cavalcioni sulla balaustra. L’arbitro Tagliavento è costretto a sospendere la partita a tempo indeterminato, interromperla definitivamente sarebbe stato pericoloso per questioni di ordine pubblico quindi, completamente in balia dei barbari, non resta che aspettare che la furia passi. Lo stato d’assedio è completo: i giocatori del Siena rientrano negli spogliatoi, quelli del Genoa no. Perchè? Perchè non possono, i tifosi non vogliono. Scende in campo anche il presidente Preziosi ma il peggio deve ancora venire. Dopo lunghi colloqui con alcuni giocatori i tifosi esprimono le loro volontà: “Non siete degni di indossare la nostra maglia, levatevela”.

Incredibile ma vero, succede veramente: il capitano Rossi s’improvvisa magazziniere e ad una ad una raccoglie le maglie dei compagni che supinamente accettano di levarsele. Solo Mesto soffre e piange in diretta, mentre Sculli prova a resistere ma è un’illusione: l’attaccante va a parlare sotto la Gradinata ma chi si aspetta toni duri è un illuso. Tra sorrisi ed abbracci è come se quei teppisti fossero amici di vecchia data, anzi parte integrante della società. Calcistica e non solo. Compiuto il gesto simbolico la partita può riprendere ma non è più la stessa cosa. Molto probabilmente si è trattato dell’ultima partita del Genoa al Ferraris in questa stagione ma in fondo nessuna squalifica potrà pareggiare la vergogna raggiunta in questa triste domenica.