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200 anni di Dostoevskij, attualissimo "specialista in isolamento"

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Milano, 10 nov. (askanews) - Duecento anni e non sentirli. L'anniversario dalla nascita di Feodor Dostoevskij ci racconta quanto ancora siano attuali i romanzi dello scrittore russo, capace di far discutere registi come Hitchcock e Truffaut, ispirare filosofi come Nietzsche, e continuare a parlarc...

Milano, 10 nov. (askanews) – Duecento anni e non sentirli. L’anniversario dalla nascita di Feodor Dostoevskij ci racconta quanto ancora siano attuali i romanzi dello scrittore russo, capace di far discutere registi come Hitchcock e Truffaut, ispirare filosofi come Nietzsche, e continuare a parlarci, raccontando a noi – superstiti da lockdown – come interpretare i nostri sentimenti. “Dostoevskij era uno specialista nella solitudine e nell isolamento, cioè aveva vissuto in profondità questa condizione e quindi aveva riflettuto molto anche su come venirne fuori”.

Damiano Rebecchini, docente di Letteratura russa all’Università degli Studi di Milano. Ampiamente considerato un esperto dello scrittore russo, la sua traduzione di Delitto e castigo per Feltrinelli vinse il premio “Russia-Italia. Attraverso i secoli”. A chi cerca di provocarlo sui romanzi russi, forse troppo lunghi per lettori abituati ai social, risponde così: “Sì, sono romanzi lunghi. Ma in realtà basta guardare un po’ anche i ragazzi che leggono Twilight: anche lì centinaia e centinaia di pagine, eppure li vedi avvinti a queste pagine, come possono assolutamente sentirsi catturati dalle pagine di Dostoevskij. Non bisogna sottovalutare i giovani. Se qualcosa ti piace, hai voglia di passarci tanto tempo”.

I ventenni di oggi, curiosi e intelligenti, capaci di vivere in un mondo che non gli lascia troppo spazio o speranze, hanno secondo Rebecchini in scrittori come Dostoevskij un’occasione per maturare una consapevolezza diversa.

“La condizione – dice – da cui parte Dostoevskij è la stessa che possiamo vivere, quella di tanti giovani che sono isolati nel loro mondo e da questo isolamento hanno delle idee, costruiscono delle teorie che li portano a sentirsi superiori rispetto agli altri, e quindi a vedere gli altri come scarafaggi, come Raskolnikov vedeva la vecchia (uccisa nel romanzo, ndr), dunque come qualcosa di non umano, non vivente, e quindi questa tendenza, nell’isolamento, a trasformare gli altri in una cosa di cui sbarazzarsi”.

Tra i meriti di Rebecchini, quello di essere riuscito a ricreare la polifonia del linguaggio di Delitto e castigo, ricco di modi di parlare, gergali e sfumature differenti. Usando l’italiano, senza far dimenticare al lettore che si trova nella Russia dell’800. Ma non soltanto in Delitto e Castigo, Dostoevskij racconta di noi e ci aiuta ad essere migliori.

“C’è un bellissimo racconto di Dostoevskij che si chiama “Sogno di un uomo ridicolo” – afferma il docente – in cui lui si immagina un’umanità che viene colpita da un virus, che la rende più cattiva, fino a farla quasi scomparire. Ecco secondo me la cosa bella di Dostoevskij è che riesce a dare una forma a queste pulsioni distruttive, a questo isolamento e senso di superiorità rispetto agli altri o di opposizione manichea, vedere nel mondo dei nemici e non delle singole persone, lui attraverso queste storie, gli dà una forma e ce le fa rivivere in qualche modo, ci fa superare questo stato di esaltazione che nasce dall’isolamento, portandoci appunto al dialogo, a parlare, al confronto. Ci fa vedere quanto sia asfittico rimanere chiusi in queste teorie. Dostoevskij detestava le teorie e tutto ciò che è astratto, l’idea del complotto, degli altri come cattivi. E la cosa bella dei suoi romanzi è che sono catartici rispetto a queste sensazioni, che fanno parte di una società che si chiude in se stessa. Persone che non sanno più parlare con gli altri, confrontarsi, dialogare”.

Servizio di Cristina Giuliano

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