> > Noi rottamatori dentro, la difesa di Matteo Renzi

Noi rottamatori dentro, la difesa di Matteo Renzi

matteorenzi

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi fa la voce grossa, difendendo a spada tratta l'operato del suo governo e la ministra Maria Elena Boschi, ma l'impressione è che le ombre non si stiano affatto diradando. "Noi che siamo dei rottamatori dentro non guardiamo in faccia a nessuno" ha detto Ren...

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi fa la voce grossa, difendendo a spada tratta l’operato del suo governo e la ministra Maria Elena Boschi, ma l’impressione è che le ombre non si stiano affatto diradando.

“Noi che siamo dei rottamatori dentro non guardiamo in faccia a nessuno” ha detto Renzi, attribuendosi ancora una volta il ruolo di uomo nuovo della politica italiana, quello che vuole cambiare il nostro paese, disfare la rete di clientelismo e nepotismo e interessi nascosti che si cela dietro la gestione del potere. Meglio sarebbe stato, da questo punto di vista, non avere un ministro per le riforme imparentato in maniera così stretta con un presidente di banca: non che questo rappresenti un crimine, certo, ma un piccolo contro senso sì. Si tratta dell’ormai usuale schizofrenia che affligge la sinistra italiana da vari decenni, con i numeri uno del movimento che vestono abiti firmati, vanno in barca a vela, sono imprenditori, si ispirano al liberismo più sfrenato, sono amici delle banche più che dei clienti delle stesse. Niente di male, è giusto ribadirlo, non è un crimine e non inficia in alcun modo la capacità di fare buona politica, ma sarebbe sempre molto meglio illustrare con l’esempio la correttezza delle proprie convinzioni. Che possa essere il figlio del potente a dirigere la riforma di una società in favore, soprattutto – perché l’essenziale è proprio questo – di una maggiore mobilità sociale, non è molto credibile.

“Nessun favoritismo” ha risposto Renzi ai critici, “il nostro non è più il governo delle leggi ad personam. Il conflitto di interessi che si attribuisce al ministro Boschi è del tutto falso“. “Il padre del ministro Boschi, che ha avuto per 8 mesi una responsabilità in Banca Etruria, è stato commissariato dal nostro governo” ha poi ricordato Renzi, “noi l’abbiamo mandato a casa, abbiamo mandato a casa tutto il CdA. Il padre del ministro Boschi è stato sanzionato da Bankitalia e lo stesso ministro Boschi aveva qualche migliaio di euro di azioni Banca Etruria il cui valore è stato azzerato. Uno può dire che siamo simpatici o antipatici, che le riforme vanno bene o no, ma quel che è evidente è che in questa vicenda tutto c’è tranne conflitto di interessi”. Come sempre, Renzi sfoggia doti politiche e oratorie non comuni, convince, combattendo fino all’ultima sillaba. La realtà, però, è che un ministro non dovrebbe possedere “qualche migliaio” di azioni di una banca, qualunque banca, perché è proprio in situazioni come questa che si concretizza il conflitto di interessi, e invocare la personale correttezza non serve a nulla, men che meno quando si finisce nel bel mezzo dello scandalo. Ancor meno è utile ricostruire i fatti, fornire giustificazioni, ribadire la correttezza delle proprie scelte, perché tutto ciò non sembra che l’esercizio di nascondere la realtà dei fatti, e cioè che i rottamatori non possono essere i figli dei direttori di banca.