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Libia, firmato l'accordo per il governo di unità nazionale

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Lo avevano annunciato qualche giorno fa e, ieri, la previsione è diventata realtà: la firma degli accordi per la formazione di un governo di unità nazionale in Libia, alla fine, è arrivata. Dire che non ci sperava più nessuno sarebbe inesatto, perché tutti, in qualche modo, sapevano che, pr...

Lo avevano annunciato qualche giorno fa e, ieri, la previsione è diventata realtà: la firma degli accordi per la formazione di un governo di unità nazionale in Libia, alla fine, è arrivata.

Dire che non ci sperava più nessuno sarebbe inesatto, perché tutti, in qualche modo, sapevano che, prima o dopo, si sarebbe arrivati a questo punto. Si trattava solo di creare le condizioni giuste per mettere d’accordo le delegazioni dei due parlamenti di Tripoli e Tobruk: niente di più semplice e niente di più complesso. Che, però, le firme arrivassero davvero adesso è, per diversi aspetti, una sorpresa.

Forse davvero ci voleva che il primo delegato delle Nazioni Unite, Bernardino Leon, se ne andasse, proprio lui che ha portato avanti un lavoro diplomatico eccellente, mantenendo sempre alta l’attenzione sul problema della Libia, mettendo in guardia tutti dal pericolo dell’avanzata dei miliziani dello Stato Islamico anche quando questi erano ben lungi dal prendere possesso – com’è allo stato attuale – di una vasta area in corrispondenza del golfo della Sirte, o quando qualcuno pensava addirittura che l’Isis, in Libia, non ci sarebbe mai potuta arrivare. Eppure le ombre sul comportamento di Leon, accusato di essere ambiguo, di portare avanti trattative personali con gli sceicchi per alcuni incarichi di natura privata, devono avere avuto un peso che chi non si è seduto ai tavoli dei negoziati può solo provare a ipotizzare. Il suo sostituto, il tedesco Martin Kobler, insediatosi poche settimane fa, ha centrato subito il bersaglio, e questo è un dato di fatto, incontestabile.

Certo, da che Leon se n’è andato, le pressioni esercitate dalla diplomazia estera per la chiusura dei negoziati sono senz’altro aumentate, ed è stata soprattutto l’Italia a spingere, evidenziando il pericolo che il proseguo del caos libico avrebbe rappresentato. Ban Ki Moon, tempo fa, aveva suggerito che potesse essere proprio il nostro paese a guidare la comunità internazionale nella gestione dei rapporti con la Libia e, poco dopo, era arrivata la notizia – falsa – dell’invasione delle acque territoriali nordafricane da parte di alcune imbarcazioni militari nostrane. Un tentativo, perfino maldestro, di screditare la nostra diplomazia, che, ora è chiarissimo, iniziava ad avere un ruolo sempre più centrale. La spinta finale è arrivata dalla conferenza tenutasi a Roma in questi giorni, a seguito della quale i rappresentanti delle fazioni libiche hanno firmato “un accordo che non è solo un pezzo di carta”, come ha detto il ministro Paolo Gentiloni.

Le firme sono state fatte a Skhirat, in Marocco, paese che ha ospitato le trattative sin dal loro inizio. “Oggi è una giornata storica per la Libia” è stato il commento del delegato ONU Martin Kobler, “tutte le parti hanno fatto delle concessioni mettendo l’interesse del paese davanti a tutto. La comunità internazionale continuerà il suo appoggio al futuro governo libico”. “Ora è prioritario ampliare la base del consenso” ha commentato ancora Gentiloni, “l’Italia è pronta a fare la sua parte per dare stabilità e sicurezza al paese”.