> > A maggio di 35 anni fa morì Enzo Tortora, uomo simbolo dell'errore giudiziario

A maggio di 35 anni fa morì Enzo Tortora, uomo simbolo dell'errore giudiziario

Enzo Tortora fu arrestato per legami mai avuto con la camorra

Perché 35 anni fa morì Enzo Tortora e dopo quale calvario giudiziario da cui uscì innocente ma minato nel fisico e nell'animo

Una macchia che ancora fa terribile mostra di sé sulla magistratura italiana, su un certo tipo di giornalismo e della politica: il 18 maggio di 35 anni fa morì Enzo Tortora, uomo simbolo dell’errore giudiziario. La terribile vicenda del presentatore televisivo incarcerato perché ritenuto contiguo alla NCO tiene banco in questi giorni. Tortora venne tratto in arresto e consegnato al ludibrio dei media con una famosa e terribile foto che lo ritraeva tra due carabinieri.

A maggio di 35 anni fa morì Enzo Tortora

Andò in pasto all’opinione pubblica sui giornali ed in tv di fronte alla quale venne sommariamente processato, poi condannato in primo grado ed infine assolto con formula piena, ma stanco e provato da un calvario che non lo avrebbe dovuto riguardare. Quando Tortora morì era finito per lui un incubo da meno di un anno. Era stato arrestato ed accusato di aver fatto parte della Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo. Dopo una lunghissima detenzione cautelare il 15 settembre 1986 la Corte d’appello di Napoli lo aveva assolto dall’accusa di associazione camorristica. I pentiti che avevano tirato Tortora in ballo vennero considierati per quello che erano: inattendibili.

Le dichiarazioni di Barra e Pandico

In Cassazione il 13 giugno 1987 arrivò l’assoluzione definitiva. Nei primi mesi del 1983 Pasquale Barra e Giovanni Pandico, colonnelli della Nuova Camorra Organizzata (Nco) decisero di dissociarsi dall’organizzazione e di collaborare con gli inquirenti. Furono loro ad indicare “quello di Portobello” come appartenente alla Nco con l’incarico di corriere di stupefacenti. Tortora venne arrestato a Roma il 17 giugno di quell’anno, nel corso di un’operazione diretta dalla Procura di Napoli per l’esecuzione di 856 ordini di cattura. Lo intercettarono all’alba in un albergo del centro di Roma e venne condotto in carcere solo quando la folla di giornalisti e cameraman era abbastanza nutrita. Il giornalista si proclamò innocente ed inviò numerose lettere ance alla figlia Silvia, morta lo scorso anno, che le pubblicò in un libro dal titolo ‘Cara Silvia’.

La rinuncia all’immunità ed il processo

Dopo sette mesi di detenzione in carcere per lui arrivarono i domiciliari, quasi in coincidenza. Poi un rapinatore, Gianni Melluso, detto Gianni il bello, raccontò di consegne di stupefacenti da lui fatte a Tortora per conto del boss milanese Francis Turatello. Quelle accuse di rivelarono infondate infondate. Tortora fu eletto eurodeputato radicale il 17 giugno 1984 e un mese dopo tornò in libertà. Dopo la rinuncia all’immunità ed il rinvio a giudizio, il 4 febbraio 1985, Enzo Tortora comparve davanti al Tribunale di Napoli. Il 17 settembre fu condannato a dieci anni di reclusione per associazione per delinquere di tipo mafioso e traffico di stupefacenti ma un anno dopo arrivò la prima assoluzione. Il 18 maggio 1988 Enzo Tortora morì per un cancro ai polmoni.