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A Roma la manifestazione per le afgane e le donne tutte

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Milano, 25 set. (askanews) - "Tull Quadze", tutte le donne in Pashtu: Manifestazione femminista a piazza del popolo a Roma è stata convocata a tutela delle donne afgane e di tutte le donne oppresse nel mondo e in Italia. Centinaia di donne arrivate da tutta la penisola, adesioni inviate, ingress...

Milano, 25 set. (askanews) – “Tull Quadze”, tutte le donne in Pashtu: Manifestazione femminista a piazza del popolo a Roma è stata convocata a tutela delle donne afgane e di tutte le donne oppresse nel mondo e in Italia.

Centinaia di donne arrivate da tutta la penisola, adesioni inviate, ingresso solo con il Green Pass, cappelli Belle Ciao distribuiti gratis contro il solleone di questo sabato di settembre.

Ad aprire la manifestazione Veronica Pivetti che insiste sulla rivoluzione della cura, ovvero un cambiamento radicale dei paradigmi del potere al maschile, tanto più essenziale in questi tempi di Covid.

“Le donne sono lo stato sociale, ma sono anche lo stato sociale della loro famiglia, siamo sempre date per scontate non è così, noi siamo quelle che venissero a mancare il mondo si fermerebbe. Discorsi già sentiti ma siamo ancora qui a farli perché queste cose le diciamo ma parlare non serve se non c’è ascolto dall’altra parte”, ha detto.

Fra le organizzatrici Pangea, l’ong impegnata in Afghanistan, e la Casa Internazionale delle Donne di Roma. La presidente del direttivo Maura Cossutta che insiste, “Non basta essere donne, bisogna essere femministe”.

Le loro parole parlano a tutte le donne parlano di diritti e di libertà, libertà di esistere, di scegliere, di vivere. Parlano dell’Afghanista, ma parlano delle morti nel Mediterraneo, delle torture in Libia, gli accampamenti nie Balcani, delle guerre dove i corpi delle donne sono preda di violenza e stupro, parlano alle donne anche italiane perché il patriarcato ha la faccia feroce, quella dei talebani ma il patriarcato ce lo abbiamo anche qui i femminicidi sono diventati una mattanza, la violenza istituzionale scrive sentenze indecenti contro la violenza sulle donne, ma torna la cultura della colpa per le donne che abortiscono e penso ai cimiteri dei feti”.

Ma protagoniste sono soprattutto le donne afgane che salgono sul palco a parlare e che non vogliono dire il loro nome per timore di rappresaglie: “Pangea è stata la nostra vita, la nsotra missione e abbiamo passato la frontiera con questa P sulla nostra mano, P come Pangea, come pace, come progresso, tutte cose di cui abbiamo bisogno”.