evelyn dilan Un mix tra lungometraggio e documentario, ha avuto un risultato eccezionale. Abel, il figlio del vento. Un film che riflette sul senso della vita
Non è stato facile poter realizzare il film Abel, il figlio del vento. Grazie alla collaborazione di due esperti, Otmar Peker (professionista nelle riprese e fotografie in ambienti naturali) e Gerardo Olivares (regista di molti film e apprezzato nel mondo dei documentari), è stato possibile unire un lungometraggio fiction con un documentario sulla natura.
Ha richiesto molto tempo per girare questo film. Infatti le riprese sulla vita selvaggia degli animali nel loro habitat naturale, son partite nel 2011 presso il più grande parco nazionale dell’Austria e parco nazionale Alti Tauri per le scene svolte con l’aquila.
La storia prende spunto dal tipico comportamento delle aquile reali già quando si schiudono le uova nel nido. Per affermarsi, l’aquila più forte, appena nata, cerca di gettare fuori dal nido l’aquila debole, mandandola a morte certa.
È proprio in quest’occasione che, negli anni sessanta, Lukas (Manuel Camacho), un timido ragazzino di dodici anni, nota un aquilotto caduto dal nido. Nonostante l’incomprensione con il padre cacciatore (Tobias Moretti) per la perdita della madre, che lo accusa di essere il responsabile della sua morte, Lukas passa molte giornate in solitudine tra le Alpi.
Decide così di prendersi cura della piccola aquila, in gran segreto. Con il passar dei giorni, Lukas lo chiamerà Abel e presto gli insegnerà a volare e a procurarsi il cibo da solo, aspettando il giorno in cui Abel possa ritornare nel suo habitat. Tra Lukas e Abel nasce così una profonda amicizia.
Tutto questo è possibile grazie all’aiuto di Danzer (Jean Reno), il guardaboschi. Giunge poo il momento del distacco e per Lukas è difficile gestire la situazione. Iniziano così le avventure di Abel tra le Alpi.
