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Abuso edilizio, ecco le nuove ville da demolire

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L'abuso edilizio in Italia è ancora di difficile risoluzione, e i recenti dati indicano che questo fenomeno è ancora in crescita, specialmente al Sud.

“Demolire” la determinatezza

La questione dell’abuso edilizio è un problema che riguarda dal secolo scorso il nostro Paese, in particolare in Sicilia. Percepita come “abitudine normale”, c’è comunque chi tenta di poter risolvere questo annoso problema. Eletto nel 2015 come sindaco di Licata, Angelo Cambiano ha lottato con ogni forza per far rispettare l’ordinanza della Procura di Agrigento di demolizione delle oltre 160 case abusive presenti nel paese. Due anni di lotta che ha incontrato spesso la resistenza dello stesso “popolo degli abusivi”, ma che non gli hanno impedito di demolire 67 abitazioni in due anni di amministrazione. La prospettiva, tuttavia, non è felice per il giovane sindaco: un complesso sistema di accordi e interessi ha fatto sì che la politica “rimediasse” al progetto, che con una mozione di sfiducia votata dai consiglieri comunali ha sancito la deposizione di Cambiano. “Qui non si demolisce nulla”, parafrasando chi prenderà il suo posto.

L’abuso edilizio in Sicilia

La causa scatenante l’abuso edilizio è da ricercarsi principalmente nell’azione compiuta dalla mafia. I lavori di costruzione di case abusive costituiscono un chiaro esempio di come tutti i fattori finora esposti siano convergenti in una località in cui zone turistiche e balneari vengono deturpate da edifici spesso brutti da vedere, o che costituiscono un pericolo per la stessa popolazione, di come addirittura vengano “inglobate” in siti archeologici (si veda il caso della Valle dei Templi di Agrigento). Proprio nella terra in cui il problema sembra essere insormontabile, tanto che nell’agosto dello scorso anno lo stesso giornale tedesco Der Spiegel ha descritto la situazione con toni catastrofici, i dati sono scioccanti: solo a partire dal 2009 sarebbero sorte più di 22.000 case abusive, su un totale di 770.000 sparse in tutta la regione.

I danni di “minore entità”

L’abuso edilizio in Italia è un fenomeno che in altri contesti, nazionali e continentali, non ha paragoni. Un fenomeno che viene tuttavia percepito dalla stessa popolazione come di minore entità, ma che ha conseguenze disastrose per l’ambiente, l’economia e lo stesso settore turistico, unico nel mondo, del Paese. Soprattutto nel Sud Italia, tale problematica si sviluppa in continuo aumento, nonostante una lieve battuta d’arresto avvenuta a causa della crisi economica. Di difficile soluzione, essa affonda le sue radici in un contesto che si è evoluto in maniera caotica solo in tempi recenti tramite fattori che, se inizialmente rappresentavano una svolta di positiva ripresa, hanno mostrato e mostrano i segni di quanto più dannoso decisioni politiche e amministrative hanno recato dove il problema è persistente.

Le cause principali

Se, durante la prima metà del Novecento, la gestione della legalità nell’edificazione stava compiendo passi da gigante è dal secondo dopoguerra, e dalla devastazione portata dai bombardamenti, che l’incrinatura nel sistema ha iniziato a peggiorare. La prima fase, denominata “costruzione in economia”, ha fatto sì che la popolazione raccogliesse le proprie forze per cercare di ricostruire il più rapidamente possibile un tetto dove poter abitare. A ciò va aggiunto il fenomeno del boom edilizio iniziato a partire dagli anni Cinquanta ma che ha dato man forte alla piaga. Molto spesso, le nuove case venivano costruite attorno a quelle abusive, che presentavano ovviamente scarsa stabilità edilizia, rappresentando così un pericolo importante per gli interi agglomerati urbani.

Il “boom economico” degli anni Sessanta e la crisi del Settanta

A decretare il consolidamento dell’abuso edilizio fu, paradossalmente, il fenomeno del boom economico che si verificò durante gli anni Sessanta. La corsa alla seconda casa, che incrementò in un solo decennio la produzione edilizia, fu solo un pretesto usato da aziende e località turistiche per contenere i costi in favore di una struttura condominiale degli edifici. Le costruzioni, che non avevano come fine quello di essere utilizzate come seconde case, potevano altresì risultare appetibili per buona parte della popolazione residente in cerca dell’abitazione principale. Un’esigenza che doveva essere soddisfatta, secondo urgenza, ma che ebbe una conseguenza gravissima a partire dalla crisi che colpì l’Italia a partire dagli anni Settanta. La cosiddetta “corsa al mattone” ricercata dalla popolazione nacque più dall’esigenza di mettere al sicuro i propri risparmi da tassi di inflazione che in quegli anni raggiunsero picchi superiori al 20% ed estese il fenomeno dell’abuso edilizio anche nel ceto medio.

Dagli anni Ottanta a oggi

L’enorme rilevanza sociale, dovuta anche ai capitali considerevoli del ceto medio da poter essere sfruttati per la speculazione edilizia, portò così a costruzioni di maggior volume a discapito di regolamentazione e legalità che porta i suoi strascichi ancora oggi. Il passo da fenomeno economico specchio della crisi a fenomeno sociale e di riflessione su tematiche ambientali e paesaggistiche fu breve. Ma ciò che comporta maggiormente come pericolo derivante dall’abuso edilizio è il dissesto idrologico e di stabilità del terreno, come ricorda il caso più recente dell’alluvione avvenuta a Messina nel 2009 e che causò più di trenta vittime.