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Aequorea: la città sottomarina del futuro

Aequorea

In fronte alla smisurata crescita della popolazione mondiale, l'architetto belga Callebaut da vita ad Aequorea: città situata sotto il livello del mare.

La popolazione umana terrestre, negli ultimi tempi, è cresciuta a ritmi incessanti, comportando l’espansione proporzionale delle massime metropoli presenti in tutto il mondo. Il nostro pianeta è stato così invaso da città sempre più grandi, a discapito purtroppo della natura circostante. L’inquinamento prodotto dalla popolazione, visti gli innumerevoli servizi resi disponibili all’interno delle città e gli eccessivi consumi di materie prime, ha comportato un danno irreparabile per il pianeta terra, il quale, purtroppo per noi, si sta rovinando sempre più. Tenendo conto di questi ragionamenti il visionario architetto belga Vincent Callebaut, ha dato vita ad un progetto alquanto esoso e di difficile realizzazione ma che, se portato a termine, potrebbe sicuramente dare un contributo non indifferente alla salvaguardia del nostro pianeta: una futuristica città oceanica, capace di salvaguardare il territorio attraverso un corretto rapporto tra uomo e natura. Di seguito le foto del fantasmagorico progetto.

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L’eccentrico progetto di Callebaut vede protagonista l’enorme massa di rifiuti galleggiante, purtroppo, al largo dell’Oceano Pacifico. Tale enorme quantità di materiale di scarto – denominata “settimo continente” viste le sue ingenti dimensioni – se riciclata a dovere riuscirebbe, secondo l’eccentrico architetto belga, a dare vita ad una nuova città sottomarina. Gli edifici si estenderebbero per una profondità di 1000 metri sotto il livello del mare, e sarebbero costruiti grazie all’innovazione data dalla stampa 3d. Gli oceanscraper (gratta oceano) così costruiti, darebbero vita ad Aequorea, immaginaria città sottomarina situata al largo de Rio de Janero.

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L’appello dell’architetto al mondo

Vincent Callebaut mette in evidenza alla popolazione mondiale la reale necessità di un intervento repentino per far fronte al problema dello spazio disponibile sulla terra e al conseguente aumento di inquinamento prodotto. Il suolo terrestre non basta più alla nostra espansione, e l’unica soluzione possibile è quella di spostarsi su di un nuovo territorio, situato appunto nell’immensità oceanica. Riciclando i materiali inquinanti da noi prodotti, materiali che, galleggiando sull’Oceano Pacifico, stanno portando purtroppo alla rovinosa distruzione di questo immenso meraviglioso habitat naturale, si potrebbe dare vita ad una nuova città, di impatto ambientale minore confronto a quelle terrestri, ed in simbiosi e rispetto della natura circostante. L’architetto comunica al mondo le sue intenzioni attraverso una fantasmagorica lettera, datata 24 dicembre 2065, e scritta sotto il falso nome immaginario di Oceane, adolescente residente a Aequorea.

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Nella missiva immaginaria dell’eccentrico architetto, si possono leggere i ragionamenti di un ragazzo del futuro in merito alle usanze abitative del passato.

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“Quando mio nonno mi racconta il suo modo di vivere terrestre a quel tempo, sembra totalmente assurdo oggi”, si legge nella lettera. “Stavano consumando la città come una merce, piuttosto che come un bene comune che deve essere alimentato in simbiosi con la natura.”

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Nell’immaginaria città, un nuovo materiale di costruzione composto da alghe e spazzatura, denominato Algoplast, sarebbe impiegato nella costruzione di cupole dal diametro di 500 metri. Esse fornirebbero l’accesso ai 1000 ambienti sottomarini progettati, capaci di contenere al loro interno 20.000 abitanti.

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L’energia necessari alla sopravvivenza sarebbe fornita da fonti rinnovabili in sostituzione ai combustibili fossili. Il cibo sarebbe prodotto dalle stesso mare circostante: alghe e plancton, per cominciare, con l’aggiunta di prodotti vegetali coltivati sui tetti delle cupole, trasformati in orti.

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“Non dimenticate mai questo:.! Gli oceani producono il 50 per cento di ossigeno del nostro pianeta. Essi sono il polmone più attivo! Vale ben la pena di tenerli puliti, per “re-incantare” il nostro modo di vivere insieme, non credi? “ si legge alla fine dell’immaginaria missiva.

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Il sogno utopico di Vincent Callebaut sarà sicuramente fantasmagorico e di difficile realizzazione, ma va anche considerato il fatto che l’inquinamento terrestre e la crescita smisurata della popolazione mondiale è realmente un problema da affrontare in futuro. La comunità internazionale deve aprire gli occhi ed adoperarsi su questo fronte, e l’architetto belga, anche si attraverso la fantasia, ci ha realmente provato.