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Afghanistan, donne picchiate dai talebani: le prove della onlus italiana

Una donna con la P di riconoscimento di Pangea

Afghanistan, donne picchiate dai talebani: le prove della onlus italiana che è costretta a disegnare un "P" sul palmo della mano delle sue attiviste

Emergono le verità amare, amare ed ovvie, dell’Afghanistan, con le donne picchiate dai talebani: le prove le ha prodotte una onlus italiana, Pangea, che ha visto molte delle donne che collaborano con essa sottoposte a percosse, tanto che alla fine gli operatori sono dovuti ricorrere ad un frettoloso escamotage di riconoscimento ad uso dei militari italiani per sfuggire a quell’orrore. La onlus milanese ha dato menzione di quegli specifici episodi che danno il clima della reale situazione in Afghanistan ed in particolare a Kabul sui sui canali social. 

Afghanistan, donne picchiate dai talebani: “Lividi e bambini che assistevano alla violenza”

Canali dove ha scritto: “Vedere le foto con i loro lividi è stato straziante. I bambini hanno assistito a scene di violenza inaudita e sono molto spaventati”. La spiegazione è a corredo delle immagini diffuse da Pangea sull’arrivo delle attiviste con i loro familiari a Kabul. E ancora: “Da venerdì Pangea lavora senza sosta per aiutare le colleghe di Kabul e le loro famiglie a raggiungere l’aeroporto. Sono stati giorni difficili. Le donne dello staff di Pangea e le loro famiglie sono rimaste intrappolate nella folla per ore, senza acqua, anche con bambini piccolissimi tra le braccia”. 

Donne picchiate dai talebani in Afghanistan, il “trucco” di Pangea per sfuggire all’orrore

E come hanno messo rimedio le donne di Pangea alla necessità impellenti di riconoscersi, essere riconosciute e sfuggire a quelle percosse date indiscriminatamente? Con una lettera disegnata sul palmo della mano da mostrare ai carabinieri del reggimento Tuscania, una “P” vergata con un pennarello azzurro. Sono state 270 le persone, donne, attivisti e familiari, che sono ricorse a quel trucco di identificazione veloce con cui sono potute entrare nel gate italiano e passare il varco presidiato dai carabinieri paracadutisti del “Tuscania”. Superato il gate il gruppo si è imbarcato alla volta di Roma e lontano dalle botte e dalle attenzioni mirate dei taliban che avevano ormai Pangea in tacca di mita per il suo impegno a favore dei diritti delle donne afghane. 

I talebani e le donne picchiate in Afghanistan, Pangea fornisce le prove e promette: “Ritorneremo”

Pangea promette di ritornare, e chiosa quella disavventura e testimonianza di verità con le priorità: “Al momento la nostra priorità è mettere in salvo lo staff afghano, donne che in questi anni hanno lavorato con coraggio per aiutare le donne. E che ora rischiano violenze, stupri e di essere uccise. Dobbiamo metterle in sicurezza per poter ricominciare presto ad aiutare le donne e i bambini a Kabul”. E ancora: “Quello di Pangea a Kabul è un progetto fastidioso per i talebani. Ma è un progetto di vitale importanza per le donne e i bambini di Kabul e non possiamo lasciarli soli”.