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Airbnb, tassa sul portale online bocciata dall'antitrust

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Bocciata la tassa Airbnb, secondo l'antitrust questa metterebbe in difficoltà i consumatori finali dei servizi di locazione.

La tassa Airbnb, ossia la cedolare secca al 21% che incombe su affitti brevi, è stata bocciata dall’Antitrust in una segnalazione fatta ai presidenti di Camera e Senato, al ministero dell’Economia e all’Agenzia delle entrate. Infatti, questa potrebbe causare negative ricadute sui consumatori finali dei servizi di locazione. Comunque, viene anche riconosciuto che, in questa situazione, l’obiettivo è quello di contrastare il fenomeno dell’evasione, e quindi bisogna trovare altre modalità.

Airbnb antitrust

La tattica che il governo ha scelto per contrastare l’evasione è stata bocciata dall’antitrust in una segnalazione inviata al monistero dell’Economia, Agenzia delle Entrate e Parlamento. Il Garante entra quindi in modo deciso sulla questione della tassa Airbnb, ossia l’imposizione per gli intermediari degli affitti turistici, digitali e non, di raccogliere le tasse al 21% per conto dei proprietari di casa e renderle al Fisco.

La norma, introdotta nella manovra bis e diventata operativa da settembre, introduce, stando a quanto afferma l’Antitrust, degli obblighi “non proporzionati” per chi, puntando come Airbnb sui pagamenti digitali, si ritroverebbe a dover assumere compiti da sostituto di imposta. È una situazione eccezionale nel panorama continentale. Il documento inviato segna quindi un colpo a favore di Airbnb, che fino ad oggi, diversamente dagli agenti immobiliari offline e da altri intermediari digitali, non sta raccogliendo l’imposta. La norma penalizza “principalmente gli operatori che hanno adottato un modello imprenditoriale caratterizzato da un maggiore ricorso ai sistemi di pagamento digitali”.

Anche se non vengono fatti nomi, è palese che la differenza è tra chi come Airbnb fa pagare l’affitto soltanto in forma elettronica, mettendo quindi nell’imposizione di agire da sostituto di imposta, e chi invece come Booking lascia anche saldare in contanti, evitando così questa scocciatura. Si creerebbe quindi, secondo l’Antitrust, la perversa conseguenza di disincentivare i pagamenti digitali, che sono anche quelli che danno maggiori garanzie al cliente.

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Precedenti

Il fatto strano, è che l’identica argomentazione era stata posta anche al Tar del Lazio, nell’ambito del ricorso poi respinto. L’argomento principale era anche in quel caso il fatto che la norma danneggiava la concorrenza. E invece l’Antitrust, su sollecitazion proprio da Airbnb, non è intenzionato a darle torto.

L’Antitrust si era già schierato al fianco di Airbnb. Correva l’anno 2015, ed il Garante ha fatto ricorso contro la legge della Regione Lazio, la quale metteva dei pesi eccessivi sopra gli affitti turistici non professionali, riuscendo infine ad ottenere l’annullamento.

In questo caso però la sua segnalazione non è vincolante, e potrebbe non avre effetti pratici rimanendo così lettera morta. Nell’incontro al Mef con gli operatori del settore, tra i quali proprio Airbnb, la multinazionale ha fatto più richieste perché la norma venga alleggerita. Il governo però, secondo fonti che hanno preso parte ai vari incontri, sembra essere indirizzato invece ad introdurre nella legge di Bilancio delle minime modifiche, senza però stravolgere lo scheletro della normativa. Si prospetta quindi improbabile che il parere dell’Antitrust porti l’esecutivo a modificare la propria linea, anche tenendo conto degli equilibri finanziari e politici molto complessi di questa manovra.