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Aldo Moro: mistero dei 10 miliardi chiesti per il riscatto

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Chi portò a Castel Gandolfo tutti i soldi richiesti per il riscatto di Aldo Moro? E dove finirono i 10 miliardi fatti arrivare a Papa Paolo IV?

Era il 6 maggio 1978. Aldo Moro si trovava già prigioniero delle Brigate Rosse da oltre cinquanta giorni. Papa Paolo VI ne parla con monsignor Cesare Curioni, responsabile dei cappellani carcerari. Quest’ultimo aveva attivato molti contatti per arrivare alla liberazione dell’ostaggio.

Al colloquio assiste anche monsignor Fabio Fabbri, segretario di don Curioni. All’improvviso il Papa, nel suo studio, si avvicina a una consolle coperta con un panno e ne solleva un lembo. Compare così una montagna di dollari, con fascette di una banca ebraica. Il valore corrisponde a circa dieci miliardi di lire, messi a disposizione per il riscatto di Aldo Moro.

Ma tre giorni dopo, precisamente il 9 maggio 1978, il corpo senza vita di Aldo Moro fu ritrovato in via Caetani a Roma. Il fatto viene riportato negli atti giudiziari e parlamentari: esso è inoltre stato ribadito due anni fa di fronte alla commissione Moro dallo stesso monsignor Fabbri.

Ma da dove venivano tutti quei soldi? Se rimasero inutilizzati, che fine fecero? Nessuno ne è a conoscenza. Don Curioni è morto nel 1996 senza che il mistero dei soldi venisse svelato. Monsignor Fabbri ha detto di non saperne niente. Anche altre autorevoli fonti vaticane, interpellate di recente, hanno ribadito di ignorare chi 4 decenni anni fa procurò il denaro e dove esso finì.

Paolo VI coinvolto nel mistero dei soldi?

La vicenda di quei soldi si lega in modo diretto a due foto di Moro, ostaggio delle Br. Anche Don Curioni, investito da Paolo VI dopo il sequestro del presidente della Dc, era coinvolto nel tentativo di liberazione dell’ostaggio. Il religioso aveva attivato numerosi canali con i brigatisti in carcere, ma anche con un misterioso interlocutore con cui si incontrava a Napoli e in altre città del nord Italia. Inoltre, nel corso di una telefonata notturna, Paolo VI avrebbe letto proprio a don Curioni la nota lettera “agli uomini delle Brigate Rosse”.

Nella missiva, che reca la data del 21 aprile 1978, il Papa invitava a rilasciare Moro “senza condizioni”. Tramite i suoi canali, don Curioni ricevette appunto le due foto di Moro prigioniero, che furono poi mostrate al Papa. Paolo VI disse che la prima non provava che il presidente della Dc era in vita. La seconda, che ritrava Aldo Moro mentre mostrava la prima pagina del quotidiano “La Repubblica”, venne ritenuta valida. Moro era vivo.

Cominciò così la trattativa, con la previsione di un riscatto. Al quel punto il Papa si fece portare il denaro. All’obiezione delle Br, che chiedevano un riconoscimento politico, Paolo VI disse che accettare il denaro del Papa sarebbe stato già un riconoscimento importante. Così i soldi furono procurati e messi su quella consolle a Castel Gandolfo.

Ma da dove arrivavano i dollari? Dallo Ior, ovvero dalla banca vaticana? A quanto pare no, come riferì due anni fa monsignor Fabbri alla commissione Moro. Il religioso aggiunse anche altre allusioni piuttosto inquietanti. Chi aveva interesse a tenere in sacco il Santo Padre a livello estero? Quale nazione poteva avere interesse a farsi avanti?. Non si sa nemmeno dove finì quella montagna di dollari. Ancora monsignor Fabbri dichiarò: “Non so dove sono andati a finire. Chi li ha portati, li avrà ripresi”. Il giallo resta aperto ancora oggi, seppur ormai praticamente senza soluzione.