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Alla ricerca della felicità perduta. I tre esercizi per riconquistarla dopo il forte stress da pandemia

ritrovare la felicità perduta dopo la pandemia

Sembra quasi impossibile poter ritrovare la gioia, la serenità, la voglia di fare, conquistare e sognare… la felicità insomma. Ma possiamo tornare a sorridere con tre “semplici” esercizi.

La pandemia, l’evento mondiale clamoroso e inaspettato, caratterizzato da ansie e paure, ha portato molte persone a fare un’interessante considerazione: «Vuoi vedere che eravamo felici e non lo sapevamo?».

Ci sono 2 tipi di felicità: una edonica e una eudaimonica. La prima ha a che fare col grado di piacevolezza che ognuno di noi assegna alle proprie esperienze. Coincide col benessere soggettivo ed è associata a qualcosa di effimero, che finisce. Il concetto un po’ più ampio di felicità, quella eudaimonica, nasce invece dall’avere rispetto della diversità, dall’accettazione dell’altro, del diverso, all’interno di un contesto sociale circostante, quindi molto più insita e profonda.

Dalla scuola fino a oggi, ci hanno indirizzati verso un concetto di felicità consumistica. Facile intuire come, durante la pandemia, il concetto stesso di felicità – che era dovuto al fare o all’ottenere qualcosa – sia venuto meno, mandando il nostro cervello in “crash”. Non a caso, tutti i sistemi di “change management” (di gestione del cambiamento) nascono dalla capacità – che è già insita nel nostro essere – di adattarsi al contesto, all’ambiente sociale circostante. Il problema è che non siamo allenati a farlo. Per questo dobbiamo fare un lavoro di profonda connessione con noi stessi e questo è possibile solo insieme a un ampliamento di quelli che sono i nostri orizzonti, attraverso lo studio, la cultura, il sapere e la conoscenza degli altri.

Il nostro essere è influenzato da diversi fattori. Uno su tutti… le emozioni. Ce ne sono alcune che ci pongono in uno stato positivo. Il nostro cervello inizia a produrre degli ormoni e si crea energia. Ci sono però anche le emozioni negative che bruciano questa energia. Infine, ce ne sono altre due “di confine”, che sviluppano adrenalina. Le emozioni vanno a impattare sulla percezione che abbiamo dell’ambiente sociale circostante, attivando un processo dell’attenzione selettiva. Questo ci fa percepire informazioni di un certo tipo rispetto ad altre. Se abbiamo associato al nostro concetto di benessere, di felicità, a qualcosa che viene dall’esterno siamo manipolabili. Se tutti i giorni si ricevono solo determinate informazioni, il cervello le prende per vere e inizia a creare una realtà alternativa che, nel caso in cui fosse negativa, brucia energie. L’effetto? Sentirci stanchi e spossati.

Per capire ancor meglio il concetto di felicità è bene conoscere anche i fattori che incidono su di essa. I primi due valori che impattano sul nostro sistema di benessere sono: spazio e tempo.

Il tempo: è la risorsa più democratica che esiste in natura e incide sui nostri stati di percezione dell’ambiente perché mette degli “stressor”, un agente di stress, ovvero, la definizione di come il nostro corpo reagisce al cambiamento che, essendo noi esseri evoluti,
è costante.

Lo spazio: a seconda se una persona è vicina o lontana, il cervello ha bisogno di un adattamento. La prossemica (la distanza tra le persone) ì determina il livello d’intimità. Spazio e tempo sono i primi due agenti di stress anche se, ovviamente, ognuno di noi reagisce a modo proprio. C’è chi trova i palazzoni di 8 piani invivibili e chi, invece, li apprezza. Lì siamo davanti a una percezione individuale che non impatta direttamente sulla felicità ma sulla percezione che abbiamo dello spazio.

Come possiamo imparare a essere felici? Un motivatore può aiutare? È un esercizio? Se ci fosse un “reddito di felicità”, come andrebbe erogato? In realtà un “reddito di felicità” non avrebbe bisogno di essere pagato perché le persone felici sono già appagate. Nel concetto di felicità eudaimonica, questa nasce dal riconoscimento di ciò che già si ha, senza doverlo andare a ricercare. Noi siamo la “media” delle 5 persone che frequentiamo di più; se fossimo tutti quanti felici, riceveremmo dall’ambiente sociale circostante già così tanta energia positiva da poter poi focalizzare l’attenzione su altri fattori.

Gli “esercizi”, gli step da fare per lasciarsi alle spalle l’infelicità, sono sostanzialmente 3!

  1. Focalizzarsi e concentrarsi sulle cose che piacciono. Se incontriamo un conoscente antipatico, proviamo a concentrarci su tre sue cose oggettive positive. Questo cambierà la percezione di quella persona ma anche la nostra mimica facciale, la nostra prossemica, le nostre emozioni. L’altro percepirà questa cosa, abbassando i muri della relazione.
  2. Lo studio. La curiosità è l’unica vera forza che supera tutte le paure. È bene essere curiosi, approfondire, riuscire a nutrire la mente anche con informazioni controintuitive, fuori dagli schemi. Allenare la mente a raccogliere informazioni diverse attiva quella curva di apprendimento che ci porta in uno stato K+, una disposizione d’animo potenziante.
  3. Incontrare persone positive. Evitare i cosiddetti “vampiri energetici” (persone negative), lasciando spazio a chi ha un buon “tono emotivo” e qualcosa da raccontare. L’ascolto, il sentire le emozioni anche degli altri è una cosa che aiuta molto la felicità.

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