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Allarme siccità, Comuni e Regioni chiudono i rubinetti: cosa non si può più fare

La desolante secca del Po

La Conferenza fra governo ed enti di secondo livello studia il da farsi ma nel frattempo Comuni e Regioni chiudono i rubinetti per l'allarme siccità

Allarme siccità, Comuni e Regioni chiudono i rubinetti: cosa non si può più fare da quando l’emergenza è diventata appannaggio di legiferati possibili e leggi locali già in vigore. Il viaggio rovente da nord a sud nella “grande sete” dell’Italia in questa estate del 2022 parte da due assunti: l’acqua per uso irriguo sta finendo quasi dappertutto e la Conferenza Stato-regioni delle ore scorse ha dovuto fare i conti con un ventaglio di soluzioni, regole, istanze locali e richieste di dare omogeneità alla risposta che hanno reso la questione se possibile ancor più “rovente”.

Comuni e Regioni chiudono i rubinetti un po’ dovunque

Fra chi chiude i fontanili e impone di lasciare le auto impolverate o di farsi la doccia entro le 18 lo stivale è messo davvero male. Mesi senza pioggia, caldo in aumento e vecchie tare strutturali hanno cerato una situazione esplosiva in cui ogni governo di secondo livello ed ogni amministrazione comunale sta correndo ai ripari in maniera (per adesso) autonoma. E se per ovvi motivi Roma è epicentro di incontri in cui il capo della Protezione civile Fabrizio Curcio, gli assessori regionali all’ambiente ed il presidente della Conferenza delle Regioni Massimiliano Fedriga decidono cosa fare nelle realtà locali molti qualcosa lo hanno già fatto.

Il Nord: Piemonte, Lombardia e Veneto nei guai

Ecco come e dove: Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia Romagna, ha preso atto della richiesta dell’Autorità del bacino di un calo del 20% di prelievi per continuare l’irrigazione e quindi portare a compimento il raccolto. Tutti i Comuni sono stati invitati a emettere ordinanze di riduzione dell’utilizzo di acqua potabile. In Lombardia va peggio: lì il presidente Attilio Fontana ha chiesto ai cittadini di “fare uso parsimonioso dell’acqua, stiamo vivendo una situazione eccezionale, di una gravità che non si era mai verificata in questi anni“. Le scorte d’acqua al momento sono vicine allo zero e Confagricoltura parla già di 2 miliardi di danni. In Piemonte si piange: gli invasi sono ai minimi storici, con una riduzione in media del 50% e le acque del Po mai così basse da 70 anni. E le sorgenti montane? Depauperate fra il 50 e il 90% in meno di portata d’acqua. L’allerta riguarda 145 Comuni e il 10% ha già emenato ordinanze anti sprechi, con il governatore Alberto Cirio ha lanciato un appello al governo. Appello che in Veneto Luca Zaia ha girato direttamente a Mario Draghi sollecitando di nuovo la dichiarazione dello stato di emergenza. In Trentino il mantra è “fasce orarie”: il sindaco di Ronzo-Chienis ha chiuso i rubinetti di acqua potabile dalle 23 alle 6. A Tesimo invece il Comune ha vietato l’utilizzo dell’acqua per orti e piscine. Veniamo alla Val d’Aosta: manca la neve e invasi e bacini sono al limite. A La Salle il sindaco ha disposto il razionamento per l’acqua potabile per uso non domestico.

Al Centro: i problemi seri di Lazio e Toscana

In Toscana non va meglio: il governatore Eugenio Giani sta partorendo una legge regionale per la realizzazione di nuovi bacini e il sindaco di Livorno ha stabilito una sanzione dai 100 ai 500 euro per chi viene sorpreso ad usare l’acqua potabile non per usi domestici. Nel Lazio Nicola Zingaretti ha già dichiarato lo stato di calamità.

Al Sud: l’eterna siccità della Sicilia e l’eccezione Sardegna

In Sicilia il solo dato “positivo” è che la siccità lì la vivono da sempre: il 70% dell’isola presenta un rischio medio alto di desertificazione, poi, secondo Repubblica ci sono Molise (58%), la Puglia (57%), Basilicata (55%). In Sardegna va meglio, almeno per ora non sarebbe prevista un’estate senza restrizioni con gli invasi sono ancora all’80% di un volume complessivo di 1.480 miliardi di metri cubi. In compenso in Sardegna hanno le cavallette che hanno fatto fuori già quasi 50mila ettari di vegetazione.