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Anafe: bene report UK sul vaping, Oms valuti riduzione rischio

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Milano, 6 apr. (askanews) - Anafe - Associazione Produttori Fumo Elettronico aderente a Confindustria - accoglie con favore il rapporto rilasciato dall'intergruppo parlamentare inglese All Party Parliamentary Group for Vaping (Aapg) per promuovere la sigaretta elettronica come strumento di riduzio...

Milano, 6 apr. (askanews) – Anafe – Associazione Produttori Fumo Elettronico aderente a Confindustria – accoglie con favore il rapporto rilasciato dall’intergruppo parlamentare inglese All Party Parliamentary Group for Vaping (Aapg) per promuovere la sigaretta elettronica come strumento di riduzione del rischio

nelle politiche antifumo. L’obiettivo è di alzare l’attenzione in vista del Cop 9 di novembre sul controllo del fumo e contrastare, dati alla mano, l’atteggiamento di opposizione dell’Oms, che paragona il vaping al fumo tradizionale.

Secondo uno studio di Public Heath England (PHE) il vaping sarebbe il 95% meno dannoso della sigaretta tradizionale e dove l’uso di prodotti alternativi è stato incoraggiato i risultati sono evidenti, come spiega Umberto Roccatti presidente di Anafe. “Basti pensare che in Inghilterra la prevalenza di fumatori sulla

popolazione totale nel giro di cinque anni è passato dal 21% al 14%. E iniziano già a vedersi in maniera significativa una diminuzione di tumori al polmone che è uno delle principali esternalità negative dell’utilizzo delle sigarette a combustione”.

In Italia i fumatori sono circa 12 milioni pari al 24% circa della popolazione e quasi la stessa percentuale la si riscontra i medici (21%). Per smettere di fumare ci sono i centri anti-fumo che seguono circa 12.000 mila casi l’anno (0,1%) ma meno della metà riesce (45%) a smettere. “Parlando di numeri dobbiamo evidenziare che l’81% secondo una recente ricerca Eurispes dei fumatori non intende o non riesce a

smettere di fumare. Ed è in questo cluster, in questo target, che si inserisce la sigaretta elettronica che non vuole essere un trattamento radicale ma vuole essere uno strumento a rischio ridotto proprio per quei fumatori che non riescono a smettere di fumare”.

In Italia il comparto (composto soprattutto da Pmi) vale circa 450 milioni di euro, solo il 10% in mano alle multinazionali del tabacco, e conta 45mila occupati incluso l’indotto. A pesare, una tassazione che negli ultimi anni è aumentata di 4 volte ed è oggi pari a due volte e mezzo l’Iva. “Vale la pena ricordare che nella scorsa Legge di Stabilità, l’unica ripeto l’unica tassa che è stata aumentata in Italia è quella sulle sigarette elettroniche. Paradosso colossale che neanche quelle sul tabacco tradizionale sono state toccate”. L’auspicio di Anafe, in vista della definizione del Beca, il piano del Parlamento europeo contro il cancro, sarebbe di introdurre una tassazione che tenga in considerazione il profilo di rischio dei prodotti.