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Antartide: si è formato un buco grande quanto il Portogallo. Il fenomeno della polynya

Polynya

In Antartide si è formato un enorme buco. Il suo nome sarebbe polynya. Questa estensione non sarebbe dannosa ed era già apparsa 40 anni fa.

In Antartide si è aperto un enorme buco. Si tratta di un pezzo di oceano delle dimensioni del Portogallo. Una specie di lago tra i ghiacciai, a centinaia di chilometri dalla banchisa. Il tutto è stato possibile scoprirlo grazie a satelliti come, tra i tanti, Noaa e Nasa. Lo strano fenomeno si era già verificato 40 anni fa. Una formazione molto simile fu scoperta sempre in quel territorio.

Polynya: parlano gli scienziati

Questo sarebbe lo strano caso di una polynya. Ciò sarebbe un’area di mare navigabile circondata dai ghiacciai, molto frequente anche nell’Artico. Questo buco si formerebbe a causa di un fattore in particolare.

“La polynya si forma quando una corrente di acqua calda risale sciogliendo il ghiaccio marino”. Questa la spiegazione rilasciata dal ricercatore dell’Enea, Massimo Frezzotti, esperto di Antartide. “E’ un fenomeno con un meccanismo conosciuto, anche per queste dimensioni che possono sembrare considerevoli” ha aggiunto in seguito lo scienziato.

Il fatto che la polynya si sia formata così distante da terra sembra non essere un problema. “A differenza di questa, le polynye vicino alla costa si formano da venti catabatici provenienti dal polo che allontanano il ghiaccio di formazione recente” spiega ancora Frezzotti.

Polynya

La polynya riappare dopo 40 anni

La prima volta che è stata avvistata la polynya era negli anni ’70. Le immagini dei primi satelliti rilevarono la presenza di uno strano buco. La prima Weddel Polynya, dal mare nel quale si trovava, appunto il Weddel. Il termine particolare per descrivere quello strano buco deriva dal russo e si riferisce proprio ad un “buco” nel ghiacciaio del mare. La sua superficie ha superato gli 80.000 chilometri quadrati di superficie. Per arrivare tra il 1974 e il 1976 a raggiungere i 250.000 chilometri quadrati. Grande quasi quanto l’Italia, dunque.

Negli ultimi anni era riemersa, con un’estensione limitata. Il National snow and ice data center di Boulder, in Colorado è stato il primo a rilevarlo. Frezzotti a tal proposito ha commentato così “Questi dati, evidenziati dal centro di Boulder, ci dicono che non siamo di fronte a niente di eccezionale”. “Se poi evolverà in maniera differente per cause che non conosciamo bisognerà vedere” queste le parole dello scienziato. Per ora, dunque, la polynya non avrebbe ancora raggiunto la sua massima estensione.

La sua presenza non è un fenomeno preoccupante, anzi, potrebbe essere utile per la ricerca. Carlo Barbante, direttore dell’Istituto dinamica processi ambientali del Cnr e professore dell’università Ca’ Foscari di Venezia ha spiegato che “E’ una cosa piuttosto frequente in Antartide“. Inoltre sarebbe anche una zona molto importante dal punto di vista naturale, darebbe la possibilità di regolamentare il clima. In più, sarebbe molto utile anche dal punto di vista biologico per il krill, il fitoplancton e lo zooplancton“.

Le polynye costiere, infine, sono utilizzate per la navigazione. Barbante ha dichiarato che conterebbero di sfruttare le polynye per un esperimento scientifico del Cnr.

Polynya