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Ariela Beningni, segretario scientifico e coordinatrice delle ricerche presso le sedi dell’istituto Mario Negri di Bergamo Ranica, ha parlato delle nuove prospettive farmacologiche sviluppate per opporsi al virus SARS-CoV-2.
Ariela Benigni: come agisce il virus a contatto con l’organismo
Nell’intervista la Dottoressa ha esordito illustrando i comportamenti del virus una volta entrato in contatto con il nostro organismo:
«Per valutare verso quale approccio terapeutico indirizzarci, il primo passo è stato quello di capire cosa avviene nel nostro organismo una volta che il virus ha cominciato a infettarlo. […] Il virus entra nelle nostre cellule, si duplica e viene percepito come un fattore estraneo: il nostro organismo, così, inizia a produrre queste proteine infiammatorie – chiamate citochine – e per questo si stanno studiando molto l’uso di farmaci antinfiammatori».
Ariela Benigni: un medicinale che inibisce le proteine infiammatorie
Ariela Benigni ha poi proseguito parlando delle ricerche fatte in ambito farmacologico per cercare di trovare una soluzione a questa risposta infiammatoria derivante dal virus:
«In modo particolare è stato approfondito l’utilizzo di alcuni di questi medicinali in grado di inibire un enzima che fa produrre le proteine infiammatorie chiamato COX2. […] Con questi antinfiammatori sono stati trattati 90 pazienti e solo 2 di loro sono stati ricoverati in terapia intensiva. Facendo un confronto con altrettanti pazienti con profili simili ma trattati con paracetamolo e vigile attesa, la differenza è importante perchè in quest’ultimo gruppo sono stati ricoverati 13 soggetti».
Ariela Benigni: il futuro di questi farmaci può sostituire il vaccino?
la dottoressa dell’Istituto Mario negri ha poi parlato delle ricerche su farmaci utilizzabili su soggetti in fase avanzata di covid:
«Su questo fronte stanno arrivando dati promettenti da un farmaco che comunemente viene usato contro l’artrite reumatoide, che si chiama anakirna, un inibitore dell’interleuchina 1. […] Sono stati selezionati soggetti che rischiavano di progredire verso un’insufficienza respiratoria, quindi correvano il pericolo di ammalarsi gravemente. Tutti erano ospedalizzati, ma trattandoli precocemente con questo farmaco si è registrata una riduzione dei ricoveri in terapia intensiva e della mortalità».
Proseguendo, ha specificato di come si tratti ancora di uno studio in fase 2 – studio di efficacia – e ha sottolineato che, in ogni caso, queste ricerche non sono volte a sostituire il ruolo dei vaccini:
«Il vaccino è lo strumento fondamentale per la prevenzione del Covid-19, perchè previene la forma grave e la morte. E’ necessario che i ricercatori però siano impegnati ad individuare cure efficaci a cui si può ricorrere nel caso si contraesse la malattia».