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Arte: addio a Walter Spitzer, pittore del dramma dei sopravvissuti della Shoah

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Parigi, 16 apr. - (Adnkronos) - "Non sono morto. La prova? Io scrivo. Eppure non dovrei più essere in questo mondo". Questa frase l'artista polacco naturalizzato francese Walter Spitzer, sopravvissuto alla Shoah, l'aveva inserita nella prefazione del suo libro "Sauv&e...

Parigi, 16 apr. – (Adnkronos) – "Non sono morto. La prova? Io scrivo. Eppure non dovrei più essere in questo mondo". Questa frase l'artista polacco naturalizzato francese Walter Spitzer, sopravvissuto alla Shoah, l'aveva inserita nella prefazione del suo libro "Sauvé par le dessin" (Favre), pubblicato nel 2004 con una riflessione di Elie Wiesel, Premio Nobel per la pace. Nel volume autobiografico raccontava di come era sopravvissuto ai campi di sterminio, di come venne aiutato dai soldati americani che lo accompagnarono nel suo viaggio attraverso la Germania distrutta fino alla capitale francese. La morte lo ha raggiunto martedì 13 aprile: il pittore si è spento a Parigi all'età di 93 anni a causa del Covid-19, come riferisce oggi il quotidiano "Le Monde".

Il dramma della deportazione nei lager nazisti, con la sua famiglia ebrea sterminata nelle camere a gas, ha segnato l'arte di Spitzer, che per decenni ha disegnato i ritratti dei suoi compagni sfortunati ed anche dei soldati tedeschi. Negli anni '60 si è affermato come illustratore di edizioni esclusive di opere di autori come André Malraux, Jean-Paul Sartre, Joseph Kessel e Nikos Kasantzakis. La Guerra dei Sei Giorni lo spinse a iniziare a dipingere soggetti della storia ebraica e biblica. Nel 1993 ha disegnato la scultura Muselmann per il Memoriale di Buchenwald e l'anno seguente disegnò il memoriale della deportazione degli ebrei francesi a Parigi.

Nato il 14 giugno 1927 a Cieszyn, una città polacca al confine con la Cecoslovacchia, Walter Spitzer ebbe un'infanzia felice in una famiglia ebrea tradizionalista. L'annessione del paese alla Germania nel 1939 fece precipitare la sua famiglia nella tragedia, che venne rinchiusa nel ghetto di Strzemieszyce, dove subirono prepotenze e privazioni. Nel 1943 il fratello, la sorella, la madre ed altri parenti furono giustiziati, mentre Walter fu trasferito nel campo di lavoro di Blechhammer, annesso ad Auschwitz. Dopo la libertà si rifugiò nel disegno. Spitzer di fronte ai suoi compagni di lager aveva promesso di testimoniare la barbarie nazista. Pur consapevole del tabù di rappresentare l'orrore irrappresentabile, l'artista ridisegnerà dalla memoria i suoi ricordi dei campi di sterminio per oltre 70 anni.