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Iccs: l'emergenza Covid vista da un ospedale cittadino

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Milano, 21 mar. (askanews) - L'emergenza Covid fronteggiata da sanitari e manager di un ospedale cittadino è simile ovviamente a quella di tutti gli ospedali lombardi ma è complicata ancora di più con flusso costante di pazienti che si auto presentano e quindi non sono stati pre-triagiati dal...

Milano, 21 mar. (askanews) – L’emergenza Covid fronteggiata da sanitari e manager di un ospedale cittadino è simile ovviamente a quella di tutti gli ospedali lombardi ma è complicata ancora di più con flusso costante di pazienti che si auto presentano e quindi non sono stati pre-triagiati dalle autoambulanze dell’Areu.

Questa criticità diventa infatti particolarmente grave nelle strutture di dimensioni più piccole, ma che sono presidio vitale del territorio di riferimento, come i quartieri popolari che -in una città come Milano- hanno a volte la dimensione di piccoli centri.

Ma proprio il legame con il territorio e la flessibilità organizzativa fanno di questi ospedali un baluardo strategico di contrasto alla crisi sanitaria.

E’ il caso, per esempio, dell’Istituto clinico Città Studi, struttura accreditata nel cuore una popolosa area di Milano, con una popolazione composta da diversi strati sociali ed una alta percentuale di anziani e di grandi anziani. “Ci siamo ritrovati nel giro di pochi giorni a dover rivedere tutta l’organizzazione dell’area di Terapia intensiva e delle sale operatorie – racconta Giuseppe Sala, primario di Anestesia e

rianimazione e Terapia del dolore all’Iccs – Ma parlando in maniera specifica della rianimazione, siamo passati dai quattro letti di terapia intensiva più i quattro letti di unità coronarica a dover allestire in pochissimi giorni ben dieci letti di terapia intensiva dedicata ai casi Covid. Questo ha comportato da parte nostra, del gruppo dei rianimatori, ma soprattutto da parte del personale infermieristico, degli sforzi enormi”.

L’impatto dei ricoveri per Covid ha imposto quindi, in prima battuta, una riorganizzazione che ha rimodellato l’attività dell’intera struttura. “La nostra prima problematica organizzativa è stata quella di suddividere l’ospedale in due macro aree, una definita genericamente area Covid che è in un crescendo costante, l’altra destinata a mantenere le priorità territoriali essendo noi comunque un Dea di primo livello, in cui continuano a fluire patologie acute di area ortopedica, chirurgica o, per esempio nel mio caso, cardiologica, dal Pronto Soccorso – spiega Michele Bianchi, responsabile della Divisione di cardiologia – Unità coronarica dell’Istituto clinico Città Studi – Ad oggi abbiamo circa 124 letti impegnati sui pazienti Covid; rimangono 99 letti occupati prevalentemente da patologia di medicina interna e di chirurgia d’urgenza no-Covid che lentamente, nell’ambito delle dimissioni vengono poi sacrificati a vantaggio dell’aria Covid”.

Le notizie sull’emergenza virus hanno la loro icona nella corsa a sirene spiegate di un ambulanza, ma la realtà degli ospedali cittadini è anche un altra, come sottolinea Pasquale Ferrante, direttore sanitario dell Istituto Clinico Città Studi. “La nostra peculiarità sta nel fatto che essendo un ospedale cittadino, noi abbiamo moltissimi, e sembra incredibile, casi di Covid auto-presentati. Cioè molte persone che sono positivi per coronavirus arrivano presentandosi da soli, alcuni addirittura arrivano in condizioni critiche, con un distress respiratorio accentuato. Questa è una cosa che all’inizio ci ha messo un pochino in difficoltà, e per questo motivo abbiamo individuato questi percorsi diversi già dal pronto soccorso”.

Le difficoltà che un ospedale come l’Iccs affronta e risolve non sono solo quelle legate alla crescente richiesta di aiuto, ma si concretizzano anche nel dover dar risposta alle istanze dei pazienti ed alle aspettative di parenti che richiedono i farmaci che sono

pubblicizzati sui media, ma che sono carenti in tutta Italia, e la cui efficacia è ancora da verificare. “Questo è un vero problema – sottolinea Ferrante – perché gli antiretrovirali suggeriti sono da tempo carenti Aifa , cioé farmaci inclusi nell’elenco di quelli che l’Aifa dichiara carenti. Quindi noi abbiamo da un lato la pressione a dare questi farmaci, la cui efficacia ripeto non è nota; ma nello stesso tempo siamo impossibilitati a farlo e che non ci sono non sono in distribuzione. Tuttavia siamo convinti di operare al meglio per i nostri pazienti applicando al massimo quello che è fondamentale per i pazienti affetti da malattia da coronavirus: le cure di tipo rianimatorio e respiratorio, aiutando il paziente a respirare. Inoltre, poiché lavorare sui pazienti positivi richiede complesse ed accurate procedure di vestizione e di svestimento, abbiamo aggiunto in tutte le stanze una web-cam wi-fi che poi attraverso un tablet interattivo permette ai medici ed agli infermieri di osservare e dialogare con i pazienti ricoverati, mantenendo un costante contatto umano e di

controllo, al di la delle regolari visite ed operazioni che sono necessarie per l’assistenza”.

“Noi assolviamo al nostro compito di ospedale cittadino che lotta anche in queste pesanti condizioni per dare risposta alla salute ai pazienti in modo umano, ma allo stato dell’arte – conclude Ferrante – Il fatto che essi possano venire al nostro pronto soccorso addirittura da soli per affrontare un problema così drammatico ci fa sentire molto importanti per loro, e spero proprio che loro comprendano quanto sino importanti per noi e per tutti gli altri italiani”.