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“Au bal de la chance – la mia vita”, l’autobiografia di Edith Piaf

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L’autobiografia di Edith Piaf, uscita in Francia nel 1958, finalmente è stata pubblicata anche in Italia. Il volume, “Au bal de la chance – la mia vita”, edita da Castelvecchi con prefazione di Jean Cocteau, è il racconto in prima persona dello straordinario percorso artistico e privato de...

L’autobiografia di Edith Piaf, uscita in Francia nel 1958, finalmente è stata pubblicata anche in Italia. Il volume, “Au bal de la chance – la mia vita”, edita da Castelvecchi con prefazione di Jean Cocteau, è il racconto in prima persona dello straordinario percorso artistico e privato della più grande cantante francese di tutti i tempi. Se i miracoli esistono, allora uno è sicuramente quello della sua voce, una voce racchiusa in un corpo minuto e consumato dalla vita. Un corpo che con grande difficoltà è riuscito a tenere il passo con il suo animo vulcanico, indipendente e sempre alla ricerca disperata dell’amore. La sua è stata un’infanzia segnata dalla miseria e dagli abbandoni. Adolescente, canta tra le misere strade di Parigi medicando qualche soldo nell’abbrutimento più totale, ma quando il destino è segnato, anche nel buio più nero una stella riesce sempre a brillare e ad emergere. Nel 1935 avviene l’incontro con Louis Leplée, proprietario del Gerny’s, un salone di cabaret degli Champs-Elysées molto in voga all’epoca. Louis Leplée la ripulisce letteralmente e a pochi giorni dal fortunato incontro, la giovane Edith Gassion viene presentata al pubblico come la “Mome Piaf”. Il successo è immediato, le prime critiche parlano già di fenomeno, ma la strada è sempre tutta in salita e dopo qualche tempo, quando Leplée viene trovato morto, la stella di Edith sembra doversi spegnere per sempre insieme a quella del suo pigmalione. Ma come l’araba fenice la giovane Mome Piaf risorge dalle sue ceneri e rinasce come Edith Piaf, l’artista che senza orpelli, nell’assoluta essenzialità si presentava al pubblico col suo anonimo abito nero. Lei non aveva bisogno di altro. Su quel vestito nero c’erano tutte le miserie di questo mondo e nel suo canto, il disperato grido di un popolo che vive, lotta, ama e non si arrende mai. Si, la sua vita come le canzoni sono sempre state un inno alla vita, alla speranza, all’amore. Le sue mani durante le esibizioni disegnavano figure astratte nell’aria e la sua voce riempiva e inebriava le anime degli spettatori, mentre la sua carica espressiva raccontava storie, stati d’animo, emozioni e sentimenti immortali. L’amore è stato uno dei grandi motori della sua vita, disposta sempre a donare tutta sé stessa nelle innumerevoli storie che l’hanno accompagnata fino alla fine. Consumata dall’alcool e dalla droga che le permette di sopportare i terribili dolori procurati dall’artrosi deformante da cui è affetta, Edith Piaf passa da grandi trionfi a malori a scena aperta, che la costringono poi definitivamente ad abbandonare per sempre le luci della ribalta. Si spegne nel 1963 a soli 47 anni. Uno dei suoi ultimi successi è stato “Non je ne regrette rien”, che può considerarsi il suo testamento morale, in quanto esprime la voglia di ritornare, di cancellare il passato guardando sempre avanti, fedele sempre a sé stessa e a quella sua filosofia di vita che le ha permesso di vedere sempre la vie en rose.

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